T-Values. Perché si è pensato a un nuovo indicatore | T-Mag | il magazine di Tecnè

T-Values. Perché si è pensato a un nuovo indicatore

IL RAPPORTO TECNÈ | di Salvatore Monni
di Salvatore Monni

Quando si inizia a lavorare ad un nuovo indicatore ci si chiede sempre se il lavoro che ci si appresta a fare non sia inutile. Del resto di indicatori ce ne sono molti e tutti di solito hanno la pretesa di essere unici. Nonostante questa convinzione i più rimangono convinti che di indicatore ne sia sufficiente uno soltanto: il PIL. Eppure nonostante questi dubbi anche questa volta abbiamo deciso di provarci. Il motivo principale che ci ha spinto una volta ancora a confrontarci con il mondo degli indicatori è la consapevolezza che la sfida iniziata molti anni addietro non sia ancora terminata. Lo sviluppo non solo non è sinonimo di crescita economica ma soprattutto non è qualcosa che riguarda solo gli economisti.

Lo sviluppo (e con esso la sua misurazione) per sua definizione è qualcosa di interdisciplinare che deve interessare oltre agli economisti anche altri scienziati sociali come gli antropologi, i demografi, i sociologi e tutti coloro che hanno la sana consapevolezza che la società non è qualcosa di semplice da esaminare ma anzi qualcosa di piuttosto complesso. Facendo nostra questa premessa nel gruppo che insieme a Carlo Buttaroni abbiamo creato siamo stati attenti a coinvolgere ricercatori con storie diverse e soprattutto che avessero ognuno una competenza diversa. Cosi è nato il gruppo di lavoro che ha realizzato T-Values. Per cominciare abbiamo chiarito che al centro del nostro indicatore volevamo l’individuo e non il prodotto. Intendiamoci non abbiamo mai sottovalutato l’importanza del prodotto ma nostra intenzione è quella evidenziare che il prodotto è mezzo e mai fine dello sviluppo. Siamo quindi partiti dal lavoro ormai più che ventennale portato avanti dall’UNDP (United Nations Development Program) l’Agenzia dello Sviluppo delle Nazioni Unite. L’UNDP dal 1990 produce il Rapporto sullo sviluppo umano (www.undp.org) che tra i suoi obiettivi fondamentali ha quello di misurare la capacità degli individui di realizzare le proprie aspirazioni. Il tutto è misurato da un indicatore che prende il nome di Indice di Sviluppo Umano (ISU). L’ISU realizzato dall’economista pakistano Mahbub ul Haq trae i suoi fondamenti teorici nel lavoro tra gli altri di un grande economista indiano che nel 1998 ha vinto il premio Nobel per l’economia: Amartya Sen. Come l’UNDP abbiamo cercato di costruire un indicatore che riuscisse a cogliere anche esso quelle che Sen chiama le “libertà” dell’individuo e per fare questo abbiamo sempre tenuto a mente il suo insegnamento che ci ricorda come le “capabilities” siano diverse nel tempo e nello spazio. Abbiamo quindi, rispetto al lavoro dell’agenzia delle Nazioni Unite, mantenuto inalterate le dimensioni dello sviluppo ma adeguato ai nostri obiettivi gli indicatori che cercano di coglierle. Senza quindi mai dimenticare che l’oggetto della nostra analisi erano le province italiane.

A questo lavoro che pur nella sua originalità ha comunque una certa tradizione nella letteratura economica abbiamo voluto aggiungere un aspetto nuovo e a nostro avviso essenziale per cogliere la competitività di un territorio: il clima sociale. Per clima sociale abbiamo inteso la soddisfazione personale degli individui, la qualità e l’accesso ai servizi pubblici ma anche e soprattutto il ruolo giocato dalla Governance intesa come il giudizio da parte dei cittadini delle realtà locali a loro più vicine (Regione, Provincia e Comune). Il tutto lo abbiamo sintetizzato in un indicatore sintetico: il T-value. Cosa ci ha detto questo nostro indicatore di più rispetto a tutti gli altri indicatori in circolazione che ci permette di giustificare in fondo la sua esistenza? Innanzitutto ci ha confermato alcune cose che sapevamo, la differenza tra le “Tre Italie” non è solo in termini di crescita ma è anche in termini di sviluppo e di percezione sociale. Chi vive nelle regione più povere ha anche la percezione di esserlo più povero. E per chi di noi ricorda l’insegnamento di John Maynard Keynes e il ruolo che le aspettative giocano nella formazione della ricchezza e dello sviluppo economico questo non è aspetto da sottovalutare. Il nostro lavoro evidenzia inoltre ancora una volta che il dualismo italiano non è semplicemente Nord-Sud ma che esiste un Centro che se possibile appare ancora più dinamico del Nord e soprattutto che internamente a queste macroregioni geografiche le dinamiche sono tra le più varie. L’obiettivo che ci siamo dati è innanzitutto quello di aiutare i decisori politici a conoscere meglio il territorio che governano e le sue aspettative in modo da definire le politiche più adeguate. La nostra speranza è di esserci almeno in parte riusciti.

 

2 Commenti per “T-Values. Perché si è pensato a un nuovo indicatore”

  1. […] umano e sulla competitività socioeconomica dei territori, realizzato da Tecnè, tramite l'indice T-Values che calcola la competitività dei territori sulla base di variabili economiche e sociali legate […]

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