Pd stacca Pdl. Crescono Terzo Polo, astenuti e incerti | T-Mag | il magazine di Tecnè

Pd stacca Pdl. Crescono Terzo Polo, astenuti e incerti

di Carlo Buttaroni

L’apprezzamento nei confronti del Capo dello Stato e del nuovo Presidente del Consiglio non frena la crisi di fiducia più generale verso il sistema politico. Il termometro del consenso ai partiti punta verso il basso, con una diminuzione dell’area della partecipazione elettorale e una contestuale crescita della quota di apatia politica che si traduce in incertezza e astensionismo. Alle politiche del 2008 l’area del non voto era al 22,5, oggi la quota di chi dichiara che non voterebbe o è incerto è sopra il 36 percento. Una dinamica che suona come un campanello d’allarme per i partiti impegnati a disegnare la nuova geografia politica del dopo-Berlusconi.
La ricerca Tecnè sulle stime di voto e i flussi di consenso impone, quindi, una lettura dei dati diversa da quella tradizionale, non più nella direzione di chi guadagna voti, ma di chi è in grado di ridurre al minimo i consensi in uscita verso l’area dell’astensione. La fotografia che emerge dalla curva del consenso, calcolata sul totale degli elettori, mette in evidenza, infatti, una calo di voti per entrambe le coalizioni rispetto al 2008 e una lieve crescita dei partiti che costituiscono il terzo polo. In particolare il centrodestra perde 16 punti rispetto alle politiche – con un decremento costante e progressivo – e con la punta più bassa registrata proprio nel mese di novembre 2011.
Il centrosinistra, al contrario, ha un andamento più stabile nel corso delle rilevazioni, con un massimo dei consensi a luglio (33,1%) e un minimo a novembre (29,5%), registrando un saldo negativo di circa 3 punti percentuali rispetto alle politiche 2008. La coalizione di Casini, Fini e Rutelli cresce in consensi ma l’incremento si rileva meno consistente di quanto appaia a una prima lettura. I flussi evidenziano, infatti, che solo una minima parte dei voti in uscita dal Pdl si sposta verso il terzo polo – privilegiando Futuro e libertà – mentre la grande maggioranza degli ex elettori del partito di Berlusconi sceglie di astenersi.
Se si votasse oggi – sulla base delle percentuali di chi esprime il voto – Il PD sarebbe il primo partito con il 28 percento, mentre il Pdl scenderebbe – dal 37,4 del 2008 – al 24,5. Il centrosinistra vincerebbe le elezioni con un vantaggio di circa 13 punti rispetto al centrodestra, mentre il terzo polo, pur crescendo in termini relativi, si fermerebbe al 14 percento.
Ma proprio l’elevato numero d’incerti, e la tendenza ad astenersi che riguarda quasi quattro italiani su dieci, rende difficile qualsiasi previsione. Basta riflettere su questo dato: se chi dichiara l’astensione oggi rivotasse lo stesso partito del 2008, il Pdl sarebbe al 30,5 percento dei voti, il Pd al 28,5 percento e la differenza tra centrosinistra e centrodestra, da 13 punti, si ridurrebbe a 4,5.
Al momento il quadro elettorale somiglia molto, a parti invertite, a quella uscita dalle urne nelle elezioni politiche del ’94, con un’area centrista tra il 12 e il 14 percento alternativa alle due principali coalizioni. Ma oggi, probabilmente, né Fini, né Casini, né Rutelli pensano a una corsa solitaria. Molto dipenderà da come evolverà la crisi del Pdl nei prossimi mesi, perché è evidente che un ruolo forte di Berlusconi rende impossibile, o perlomeno difficilissima, qualsiasi ipotesi di alleanza tra centristi e Pdl. Nel caso, comunque, la Lega dovrebbe stare alla finestra.
Per Casini e Rutelli, sul fronte opposto, il Pd rappresenta un interlocutore privilegiato, anche in virtù delle sincronie attivate condividendo i banchi dell’opposizione. Nel centrosinistra, però, ci sono le variabili Idv e Sel. Più facile risolvere la prima, quasi irrisolvibile la seconda, perché indebolirebbe la prospettiva di consolidamento del terzo polo in quell’area d’ispirazione cattolica che rappresenta la stella polare della neocoalizione centrista. D’altronde anche nel Pd c’è chi non vede bene l’alleanza con Casini, proprio per non rischiare di mettere in crisi i rapporti con Sel e Idv. Mentre il terzo polo si prepara a una partita che si deve ancora giocare, a complicare il quadro politico ci sono le dissonanze all’interno del Pd.
Ormai è impossibile tracciare una mappa chiara delle posizioni e delle iniziative che si sovrappongono e contrappongono. E non passa giorno che qualche dirigente non polemizzi con qualcun altro. Fra rottamatori, conservatori, innovatori, riformatori, liberali, progressisti, tra chi guarda a sinistra e chi guarda al centro, il Pd sembra un partito di addetti al montaggio che dibattono continuamente su come dovrebbe essere, su quello che andrebbe fatto, sulle parole che andrebbero dette, sulle posizioni che andrebbero prese, perdendo di vista la concretezza dell’immanente. Scrive un esponente democratico sulla sua pagina Facebook: adesso che non c’è più Berlusconi nel Pd tira una brutta aria. Una battuta che fotografa una situazione e la dice lunga sul fatto che l’uscita di scena dell’ex Presidente del Consiglio impone una veloce riconfigurazione della sintassi politica. In questo momento, anche se il consenso gonfia le vele del partito di Bersani, i democratici appaiono più deboli dal punto di vista politico di quanto registrino i sondaggi, proprio a causa delle divisioni interne e – per la legge dei vasi comunicanti – il Pdl e il terzo polo più forti politicamente di quanto siano realmente dal punto di vista dei voti. Senza dimenticare che la storia recente è presagio di cattive pratiche: l’ultimo Governo Prodi, nacque nel 2006 e cadde due anni dopo, lacerato dalle divisioni all’interno dei partiti.
Il centrosinistra ha l’occasione a breve, se sarà in grado di trasformare in voti il consenso potenziale che registrano i sondaggi, di tornare al governo del Paese. E’ evidente, però, che per riuscirci deve fare un salto in avanti, non solo dal punto di vista della proposta politica, ma anche nella costruzione di un’identità condivisa e nella capacità di comunicarla. Ed è proprio sotto quest’aspetto che i democratici giocano un ruolo fondamentale. Il centrosinistra può vincere solo con un Pd forte e unito, capace di interpretare, orientare e attrarre quote di società sempre più ampie. Ma il Pd, per completare la sua evoluzione, ha bisogno di percorrere l’ultimo miglio, perché l’uscita di scena di Berlusconi, di fatto, ha dissolto i perimetri dell’antiberlusconismo, che favorivano il consenso e l’unità sulla base di una semplice scelta di campo. E deve fare in fretta perché, ancora oggi, sembra immerso in un eterno congresso che dovrà definire, in un indefinito futuro, la linea politica e l’identità dei democratici.
Bersani, nella partita interna al Pd, è di mano, ma è evidente che non può giocare da solo e occorre una presa in carico di responsabilità da parte di tutto il gruppo dirigente, compreso quello territoriale. Nei prossimi mesi, per i democratici, passerà l’ultimo treno e per salirci il Pd dovrà essere più partito e più unito di quanto appaia ora. Di certo altri treni non passeranno.

Questo articolo è stato pubblicato su l’Unità del 28 novembre. Qui è possibile consultare la ricerca completa

 

2 Commenti per “Pd stacca Pdl. Crescono Terzo Polo, astenuti e incerti”

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  2. […] Qui l’articolo completo di Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, su l’Unità. […]

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