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“Bellissima la parola convivenza”

di Aly Baba Faye

Bellissima la parola convivenza. Un termine difficile da tradurre in altre lingue senza togliere qualcosa del suo fascino semantico. Perché convivenza non è solo condivisione di uno spazio territoriale, evoca altresì l’idea di concordia e di armonia. Purtroppo la realtà italiana di oggi è tutt’altro che conviviale. La dimensione multietnica della società italiana non è stata finora tradotta in una dimensione interculturale. Voglio dire che il pluralismo etnico e culturale è un dato oggettivo ma si tratta di un fatto meramente aritmetico: la compresenza di più etnie e più culture. Al passaggio dell’Italia in una società dell’immigrazione non è corrisposto né una volontà decisa né una strategia efficace di “ingegneria sociale”. La società italiana ha subito il peso di grandi processi migratori in poco tempo e non è stata preparata adeguatamente. Così ha vissuto l’immigrazione in termini problematici grazie ad una narrazione negativa del fenomeno. Il mondo dei media e la classe politica non hanno gestito questo dato come avrebbero dovuto fare. Hanno alimentato paura e risentimenti e così facendo hanno legittimato l’idea di una minaccia che incombe sul popolo italiano, sulla sua identità e sulla sua sicurezza. Ed è così che il razzismo e la xenofobia hanno alimentati dal rancore sociale e della conflittualità culturale. Ecco che la convivenza diventa sempre più difficile in una società sempre più fragile.
E’ vero: il problema della convivenza multietnica e multiculturale è un classico delle società d’immigrazione. Ma l’Italia rispetto ad altri paesi sconta un problema di gestione dovuto all’impreparazione della società italiana e della sua classe dirigente. Anche se non credo alla necessità di importare modelli astratti di integrazione, tuttavia l’Italia avrebbe dovuto adottare una via italiana alla convivenza che potesse tenere conto delle realtà sociologiche del paese. Ma purtroppo quel che è accaduto è una confusione e un’incertezza di fondo nell’approccio a questo nuovo fenomeno sociale. C’è stato finora una sorta di schizofrenia sociale per cui nonostante il paese non può fare a meno degli immigrati si stenta a valorizzare nel migliore dei modi anche in termini di convenienza per evitare il declino. L’Italia è confrontata ad un grave processo di invecchiamento della popolazione con tutto quel che questo comporta in termini di sviluppo economico a cominciare dal necessario turnover nel mercato del lavoro e della sostenibilità del sistema pensionistico e del welfare. Ormai sanno tutti che senza immigrati l’Italia rischia inesorabilmente un declino economico e sociale. Ciò nonostante non si riesce a valorizzare l’immigrazione e a farla diventare parte integrante di una stessa comunità. E questo fatto è prima di tutto una responsabilità della classe dirigente. In altri paesi certo che i problemi esistono, soprattutto dopo l’11 settembre 2001 con il feticcio dell’identità che ha cavalcato il solco di uno scontro di civiltà. Per tutti basta citare il caso dell’Olanda che era considerato un esempio di multiculturalismo e che oggi è una delle società dove l’islamofobia ha messo radici profonde. C’è un razzismo imperante contro la comunità marocchina. Ma ci sono anche casi come Il Canada dove la strategia del pluralismo ha consentito una convivenza armoniosa.
Se ragioniamo in termini specifici sull’immigrazione è evidentemente una certa fragilità della convivenza. La diversità è stata da sempre fonte di attriti e conflitti. Basta rileggere la storia moderna e quella medievale per rilevare la quantità di guerre che sono state scatenate lungo le linee di appartenenza culturale. Gli stessi processi di costruzione nazionale, ovvero il nazionalismo è nato e si è consolidato tramite grandi conflitti culturali. Ma quel che avviene oggi rispetto al discorso della diversità, dell’identità va collocato in un discorso più ampio che riguarda il globalismo che appunto ha messo fuori gioco il nazionalismo. Oggi viviamo in un mondo globalizzato e questo dato ha comportato lo scardinamento della società basata sul modello dello stato-nazione. La società moderna era costruita sulla base di tre fattori: una popolazione, un territorio e un ordinamento dotato di sovranità. Questo modello è in crisi con l’avvento del globalismo che è la congiunzione di un mercato globale, un relazionismo planetario grazie ad internet e infine la grande rivoluzione delle mobilità di cui le migrazioni fanno parte. E’ in questo senso che si potrebbe parlare di società globale. Credo che sia un processo irreversibile almeno che qualcuno voglia tornare alle guerre medievali. Certo questa realtà va conformata e accompagnata con delle politiche adeguate e una gestione intelligente.

Aly Baba Faye è sociologo, vive in Italia dal 1984 e dal 1986 è impegnato a favore dei diritti degli immigrati e per il dialogo e la convivenza civile. Qui la bio completa.

 

1 Commento per ““Bellissima la parola convivenza””

  1. […] opportunità del nuovo evo di Aly Baba FayeQuesto articolo prosegue da qui. Il professor Bauman è uno dei più attenti studiosi dei mutamenti sociali della nostra […]

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