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Il rispetto della volontà popolare

di Pietro Raffa

Vivere in Italia e raccontare le vicende politiche del nostro Paese mi diverte come poche altre cose al mondo. In particolare assume carattere ricreativo l’impegno nel far notare le enormi contraddizioni che ogni giorno saltano fuori. Ma bando alle ciance, scendiamo nelle meravigliose sfere del concreto. Ieri, alla Camera, il governo è stato battuto su un emendamento volto a introdurre la responsabilità civile dei giudici, presentato dal leghista Gianluca Pini. Come è stato spiegato bene sul Post, l’emendamento supera quanto stabilito dalla legge Vassalli, la 117 del 1988, che prevedeva la responsabilità civile per i giudici solo per i casi di “dolo” e “colpa grave”, mentre adesso la responsabilità è genericamente estesa alla “manifesta violazione del diritto” e il cittadino può citare in giudizio direttamente il magistrato e non solo lo Stato. Ma, in queste ore, sono in pochi a sottolineare che la legge Vassalli venne promulgata esattamente un anno dopo il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, il cui esito fu abbastanza chiaro: votanti 29.866.249 (65,11%), Sì 20.770.334 (80,21%), No 5.126.021 (19,79%). Il che vuol dire che gli italiani desideravano ardentemente che l’ordinamento giudiziario contenesse tale disposizione. Al di là delle considerazioni riguardanti questo specifico provvedimento, ieri mi chiedevo dove fossero finiti coloro i quali ritengono che il cittadino in Italia non conti abbastanza, quelli che gridano al furto ogniqualvolta il parlamento non tenga conto della volontà popolare, quelli che per tutta la campagna referendaria del 2011 hanno citato e ricitato la “cestinazione” del referendum sul nucleare del 1987 come indice del calpestamento continuo dei diritti degli italiani. Bene, l’ho scoperto dopo pochi minuti: la maggior parte di loro era schierata contro l’emendamento Pini.
Un po’ paradossale, non trovate?

 

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