Immigrazione, salute mentale a rischio. Sette su dieci vivono in situazione di disagio | T-Mag | il magazine di Tecnè

Immigrazione, salute mentale a rischio. Sette su dieci vivono in situazione di disagio

In un comunicato pubblicato sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità si legge: “Sulla salute mentale del popolo migrante sono puntati i riflettori dell’11° Convegno dell’Italian National Focal Point – Infectious Diseases and Migrant, in programma giovedì 16 Febbraio 2012 nell’Aula Pocchiari dell’Istituto Superiore di Sanità. In questa occasione, infatti, insieme al dibattito sulle malattie infettive (infezione da HIV, AIDS, malattie sessualmente trasmesse e tubercolosi), da anni al centro di numerosi studi dell’ISS legati all’intervento socio-sanitario e agli stili di vita della persona migrante, è stato valutato anche il disagio e la sofferenza psicopatologica.
Secondo i più recenti dati dell’Area sanitaria Caritas, che saranno presentati all’ISS durante il convegno, su un campione di 391 migranti visitati nel servizio di medicina generale del poliambulatorio Caritas di Roma per persone in condizione di fragilità sociale (immigrati non inseriti e richiedenti asilo), il 73,65% riporta gravi difficoltà di vita in Italia e più del 10% soffre di un disturbo post traumatico da stress (PTSD). Inoltre, per ogni difficoltà post-migratoria in più, il rischio relativo di avere un PTSD aumenta di 1,19 volte.
“I dati emersi oggi attraverso il lavoro della Caritas in collaborazione con il nostro Focal Point ci dicono che oltre 7 stranieri su 10 nel nostro Paese vivono in condizioni di grave disagio – dichiara Enrico Garaci, Presidente dell’ISS – Questo, unitamente al fatto che più del 10% soffre di un disturbo post traumatico da stress, conferma che il concetto di cura è un concetto globale e va oltre il singolo intervento terapeutico. Nella popolazione immigrata è fondamentale un’attenzione altissima alla sofferenza psichica che può riflettere forti disagi materiali senza dimenticare mai che anche lo sradicamento e la solitudine possono far ammalare altrettanto il corpo in quell’unità indivisibile che è la persona”.
“Il Disturbo Post Traumatico da Stress – spiega il dott. Massimiliano Aragona, psichiatra del progetto Caritas Ferite Invisibili – porta l’individuo a vivere in uno stato emotivo di forte allarme, con pensieri intrusivi e ricorrenti delle esperienze traumatiche vissute, difficoltà a concentrarsi, insonnia, incubi, tendenza a isolarsi per paura di subire nuove violenze, dolori e altri sintomi somatici su base psicologica. Le persone in questo stato hanno grandi difficoltà nella vita quotidiana; non riuscendo a concentrarsi non riescono ad apprendere e possono avere difficoltà sul lavoro, nei casi più gravi sono così spaventati che possono addirittura non andare in questura a presentare la domanda per il riconoscimento del loro status di rifugiato (ad es. perché la vista di una persona in divisa gli ricorda violenze subite in patria da uomini in divisa). Si comprende come queste persone siano persone vulnerabili da proteggere e curare, altrimenti possono avere serissime difficoltà a integrarsi nel tessuto della nostra società”.
Su questa condizione si inseriscono le difficoltà di vita post-migratorie che sono un fattore ritraumatizzante che fa insorgere o peggiorare i sintomi del disagio psicologico. Riguardano difficoltà sociali, lavorative, abitative, di accesso alla salute, di discriminazione, ma anche la preoccupazione per le famiglie lasciate nel paese d’origine.
Il Convegno, organizzato dall’Unità Operativa Ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione del Dipartimento di Malattie Infettive dell’ISS, promuove il confronto tra i professionisti, i rappresentanti delle istituzioni e quanti operano nel settore della tutela della salute del paziente immigrato.
All’analisi delle possibili linee di intervento socio-sanitario per prevenire e contrastare la diffusione di malattie infettive si aggiunge dunque un’ulteriore prospettiva, che tiene conto della condizione di fragilità anche psicologica del migrante, dovuta in primo luogo al vissuto di sradicamento dal contesto di vita originario. Un approccio di questo tipo può tradursi in interventi e strategie finalizzati a consentire l’adattamento e l’integrazione della persona straniera nella società ospite. La tavola rotonda si propone di portare l’attenzione proprio sull’intreccio tra rischio psicopatologico e rischio infettivo.
Durante il Convegno sarà anche presentato uno Studio-pilota sull’uso di prodotti cosmetici sbiancanti nella popolazione immigrata di Roma (nel 50% dei casi si tratta di sostanze vietate in Europa)”.

 

2 Commenti per “Immigrazione, salute mentale a rischio. Sette su dieci vivono in situazione di disagio”

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