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Della prospettiva post-tecnocratica

di Aly Baba Faye

Monti sì e Monti no. Monti nel dopo-Monti. L’oltre-Monti dopo la parentesi Monti. La coalizione pro-Monti (anche senza Monti).
Ne abbiamo sentite di tutti i colori nel dibattito che si è aperto in questi giorni nel mondo politico. La discussione sulla governance tecnocratica è destinata ad accompagnarci da qui alla fine della legislatura e forse anche oltre. Sta di fatto che oggi c’è una bipolarizzazione sulla figura di Monti che ha sostituito quella su Berlusconi, tratto dominante del sentiero tortuoso della cosiddetta Seconda Repubblica.
Una Seconda Repubblica che in realtà si rivela una strana transizione nella quale sembra si sia proceduto per tentativi. Dalla caduta del Muro di Berlino alla discesa in campo del Cavaliere passando per Mani pulite, l’Italia ha visto uno smottamento continuo del sistema politico. In ogni caso la geografia politica che si sta delineando ha i contorni indefiniti e per alcuni versi incerti. La vicenda del governo Monti sta scombussolando la vita dei partiti e gli “squilibri stabili” del sistema politico italiano. Comunque è presto per tarare con precisione gli effetti di questa esperienza tecnocratica sulla futura riconfigurazione della vita politica. Quel che è certo è che la vicenda politica italiana non sarà più la stessa con il passaggio del governo Monti. Un passaggio che costringerà sempre di più le forze politiche a fare chiarezza rispetto ai loro progetti.
Ciò vale soprattutto per i partiti della coalizione “arlecchina” che sostiene il governo.
C’è un problema di identificazione di queste forze politiche che si pone in termini di schizofrenia tra appropriazione e negazione. E’ facile profezia ritenere che il tema dell’identità si porrà per queste forze politiche. E si sa che sono i progetti che definiscono l’identità delle forze politiche e l’arco delle alleanze possibili. E allora chi pensava alla politica post-ideologica dovrà fare i conti con il fatto che anche le scelte tecnocratiche non sono neutrali ma poggiano anch’esse su una visione ideologica. E dunque si tratterà di individuare i connotati delle scelte e di valutare se combacino con l’idea di società e la visione prospettica su cui ciascuna forza politica vorrà far riferimento. E a tracciare le linee di confine sono le opzioni strategiche, l’agenda delle priorità e i blocchi sociali cui si vuol dare voce. Inoltre va detto che la politica non si esaurirà più solo nella dimensione dialettica tra partiti che competono per la conquista della maggioranza dei consensi. Nel contesto attuale diventerà sempre più imponente l’attivismo di altri attori determinati a contendere ai partiti il primato della politica intesa come gestione della cosa pubblica. Infatti, se c’è una lezione che si può trarre dalla caduta del governo Berlusconi è la relativizzazione del consenso elettorale proprio in virtù della presenza di altri modi di legittimazione come le valutazioni delle agenzie di rating. Se non succederà nulla che restituisca dignità alla democrazia allora la ragion di mercato sarà sempre più dentro la ragion politica e i popoli saranno sempre più a sovranità limitata.

 

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