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Usa 2012. Perché Obama verrà confermato alla Casa Bianca

di Fabio Germani

Pare che Mitt Romney, parlando a Detroit dopo la vittoria in Michigan, abbia sbeffeggiato un pochino Obama: “Yes, we can. Lo rimanderemo a casa”. La battuta gli è venuta facile, a conclusione di un periodo sicuramente più teso rispetto all’inizio della campagna elettorale. Prima Gingrich, poi Santorum gli hanno fatto sudare sette camicie. E se è vero che finora nessuno ha mai messo in dubbio l’investitura definitiva dell’ex governatore del Massachusetts, la corsa alla Casa Bianca si sta tuttavia rivelando più ostica del previsto.
Al di là degli attacchi, che fanno parte del gioco, Obama in verità gongola in vista dell’appuntamento di novembre. In ogni caso non dovrebbe andargli male: il rivale più accreditato, Romney appunto, è distanziato di dieci punti percentuali secondo un recente sondaggio condotto da Politico.com in collaborazione con la Washington University. Gli altri – troppo estremisti persino per l’elettorato repubblicano – sarebbero addirittura non pervenuti, talmente è elevato il distacco.
Il presidente degli Stati Uniti uscente, dunque, sembra avere la strada spianata. Un po’ è responsabilità dello stesso Gop, incapace in questi anni di incentivare le candidature delle anime migliori all’interno del partito. Un po’, invece, è merito dell’attuale amministrazione. La crescita economica sarà lieve tanto nel 2012 quanto nel 2013, ma intanto il Pil nel quarto trimestre del 2011 si è attestato al 3% e i consumi sono cresciuti del 2,1% mentre il mercato immobiliare è attualmente debole. Ma il tema che più peserà sulla scelta di voto sarà con ogni probabilità il lavoro. E su questo fronte sono stati ottenuti risultati importanti: a gennaio il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è sceso all’8,3%, quinto declino mensile consecutivo nonché valore più basso in quasi tre anni (nel 2011 infatti, è bene ricordarlo, erano stati raggiunti livelli oltre il 9%).
Obama, inoltre, si è rivelato un politico pragmatico (e dunque efficiente) anche sulle questioni etiche. Lo ha evidenziato in particolare sulla riforma sanitaria adottando alla bisogna il bastone e la carota. L’ultima occasione, in ordine di tempo, è avvenuta all’inizio del mese quando ha dovuto mediare tra le compagnie assicurative e la Conferenza episcopale statunitense che aveva aspramente criticato la decisione della prima ora della Casa Bianca di obbligare le istituzioni cattoliche (e di altre religioni) a pagare una serie di servizi per il controllo delle nascite. Ma l’amministrazione Obama è anche quella che ha abolito il don’t ask don’t tell, il divieto per i militari di dichiarare le proprie tendenze sessuali (abolizione sancita in via definitiva dalla foto del bacio tra il marine e il suo compagno che pochi giorni fa ha fatto il giro del mondo).
E dall’altra parte della barricata cosa propongono, invece? Poco, per il momento. Anziché incalzare l’attuale inquilino della Casa Bianca, anziché proporre piani alternativi per superare la crisi senza correre il rischio di rasentare la demagogia, i candidati repubblicani sono dediti alla spasmodica ricerca della dimostrazione di quanto l’uno, più dell’altro, somigli a Obama. Su questo fronte il bersaglio preferito (di Gingrich, soprattutto) è Romney. E guarda caso proprio lui – nonostante le accuse di essere la copia del nemico giurato – è lo sfidante che può vantare un discreto vantaggio sui rivali ultraconservatori e spiccatamente livorosi.
Obama scrisse prima di diventare presidente, con una buona dose di lungimiranza, di immaginare persone “di tutte le battaglie politiche e culturali” smaniose di volersi riappacificare tra loro e con se stesse. “Immagino – affermava – che tutte queste persone stiano aspettando una politica che abbia la maturità di bilanciare idealismo e realismo, di distinguere tra quello su cui si può o non si può venire a patti, di ammettere la possibilità che l’altra parte possa avere ragione qualche volta. Spesso non capiscono le controversie tra destra e sinistra, conservatori e liberal, ma riconoscono la differenza tra dogmatismo e senso comune, responsabilità e irresponsabilità, tra le cose che durano e quelle che passano. Sono là fuori, in attesa che repubblicani e democratici li raggiungano”.
Ciò si renderebbe a maggior ragione necessario nell’attuale fase di transizione globale in cui gli Stati Uniti, tuttavia, sono chiamati a svolgere ancora la propria leadership. Peccato che nel Gop non lo abbiano capito in molti.

 

4 Commenti per “Usa 2012. Perché Obama verrà confermato alla Casa Bianca”

  1. […] di posti di lavoro, e di un certo clima di fiducia nell’economia, come sottolineato in un nostro articolo della scorsa settimana. […]

  2. […] di posti di lavoro, e di un certo clima di fiducia nell’economia, come sottolineato in un nostro articolo della scorsa settimana. […]

  3. […] Obama viene confermato alla guida degli Stati Uniti ai danni del repubblicano Mitt Romney. Noi avevamo pronosticato l’esito delle presidenziali a marzo, consapevoli del rischio che correvamo a prendere una […]

  4. […] Obama viene confermato alla guida degli Stati Uniti ai danni del repubblicano Mitt Romney. Noi avevamo pronosticato l’esito delle presidenziali a marzo, consapevoli del rischio che correvamo a prendere una […]

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