L’Italia è un Paese in arretramento
“Nuova recessione, credit crunch e bassa redditività soffocano l’industria italiana”. È l’allarme del Centro Studi della Confindustria che rileva un arretramento del nostro Paese, che dalla quinta passa all’ottava posizione sorpassato da India, Brasile e Corea del Sud con una quota della produzione che diminuisce dal 4,5 al 3,3% dal 2007 al 2011. “Per rafforzare il manifatturiero – è il suggerimento del Centro Studi della Confindustria –, motore della crescita attraverso l’innovazione, è tornata strategica la politica industriale”. Tuttavia vengono anche fatti notare i limiti che scaturiscono dalle “inefficienze della pubblica amministrazione” nonché da governi che scarseggiano quanto a “visione di lungo periodo”.
La classifica vede in testa è salda la Cina. Perdono quota di produzione gli Stati Uniti (-3,9 punti), Francia e Regno Unito (entrambi -0,9), Spagna (-0,7) e Canada (-0,4). A crescere di più sono Cina (7,7), India e Indonesia Tra i Paesi produttori che “reggono l’urto” il Giappone e la Germania.
Il rapporto sugli scenari industriali redatto dal Centro Studi di Confindustria evidenzia inoltre che “la specializzazione merceologica del made in Italy cambia”.,
I “beni legati alla moda”, da sempre emblema del made in Italy, calano dal 1991 al 2011 passando dal 21,5% al 13,9% dell’export.
La crisi, rileva infine il Centro Studi, è aggravata dal sisma in Emilia che ha colpito “un’area ad altissima vocazione manifatturiera e cruciale per lo sviluppo industriale del Paese”.
Dati poco rassicuranti arrivano anche dall’Eurostat secondo cui è confermata la crescita zero per il Pil dell’eurozona e dell’Ue nel primo trimestre dell’anno. Considerato lo stesso periodo, l’Italia ha registrato una flessione del Pil dello 0,8%, il risultato peggiore dopo Ungheria (-1,3%) e Repubblica Ceca (-1%).
Altri dati da tenere sott’occhio, quelli forniti dal Censis nella ricerca Dove sta oggi la sovranità. Ogni italiano, spiega il Censis, ha un “debito” di 31mila euro. Nel 1970 era pari a 242 euro e in 40 anni è lievitato a 31 mila euro. Rileva ancora il Censis gli italiani sono consapevoli di questi dati disastrosi, tanto che il 55,1% preferisce che ai vertici dello Stato ci siano “persone competenti, anche se non elette dal popolo”.