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Usa 2012. La campagna elettorale alla fine delle primarie

di Antonio Caputo

Terminata la fase delle primarie (a dire il vero manca ancora, per i soli Repubblicani, lo Utah, chiamato al voto martedì 26; ma la certezza matematica della nomination già conquistata da Romney, ed il fatto che si tratti dello Stato mormone per eccellenza toglie a quest’ultima tappa ogni briciolo di suspance), passiamo a seguire, da questo momento, la campagna elettorale per le presidenziali vere e proprie.
Partiamo con una premessa: negli Stati Uniti l’elezione del presidente della Repubblica non è diretta su scala nazionale, ma indiretta ad opera di delegati (“grandi elettori”), eletti, Stato per Stato, il giorno delle presidenziali. Saranno tali delegati ad eleggere, formalmente, circa un mese dopo, il presidente.
Come si designano questi delegati? In ciascuno Stato ogni partito (Democratici, Repubblicani, ma anche i minori) designa un numero di elettori presidenziali, collegati al candidato presidente (Obama, Romney), in numero pari a quello dei voti elettorali spettanti al singolo Stato; ad ogni Stato spetta un numero di delegati pari a quello dei parlamentari che elegge in Congresso, ossia la somma dei suoi senatori (due per ogni Stato) e dei deputati che variano in proporzione alla popolazione, come rilevata dall’ultimo censimento decennale (2010), cosa che in pratica garantisce più delegati agli Stati più popolosi. Attenzione: senatori e rappresentanti non sono i delegati (lo vieta la Costituzione): i delegati sono attivisti di partito nel singolo Stato che (si badi) non possono esercitare attività retribuita alle dipendenze di pubbliche amministrazioni.
Obama e Romney si sfideranno a livello di singolo Stato e chi tra i due prevarrà, si aggiudicherà i voti elettorali (quindi i grandi elettori) di quello Stato: negli Stati in cui vincerà Obama, i delegati saranno quelli designati dai Democratici, negli Stati in cui vincerà Romney, i delegati saranno quelli designati dai Repubblicani.
Casi particolari: pur non essendo uno Stato, il Comune di Washington (la Capitale federale) vota come fosse uno Stato, con i delegati cui avrebbe diritto (tre) se fosse uno Stato; Maine (dal 1972) e Nebraska (dal 1992) utilizzano un sistema tra loro simile, ossia quello di attribuire due dei loro grandi elettori (quelli, per capirci, “corrispondenti” ai due senatori) a livello di intero Stato (in ciò non si differenziano dagli altri 48 Stati); per i rimanenti delegati (quelli, per capirci, “corrispondenti” ai deputati) la competizione avviene a livello di singolo collegio uninominale nel quale essi sono divisi (due in Maine e tre in Nebraska) per l’elezione della Camera. In Maine e Nebraska, cioè, il candidato vincitore nello Stato, si aggiudica due delegati; per gli altri, la competizione si sposta a livello dei distretti (collegi uninominali) della Camera; ciascun distretto elegge, in pratica, il proprio delegato (repubblicano, democratico), il che potrebbe portare ad una aggiudicazione “divisa” dei grandi elettori: ciò si è verificato nel 2008 in Nebraska, dove vinse il repubblicano McCain, che si aggiudicò, così, i primi due delegati; dei tre distretti della Camera, McCain ne fece suoi due (il primo ed il terzo), subendo il sorpasso di Obama nel secondo. In tutto in Nebraska McCain ottenne quattro voti elettorali, Obama uno.
Essendo cento i senatori e 435 i deputati, la somma dei delegati dei 50 Stati fa 535 cui vanno aggiunti i tre della città di Washington/DC: totale, 538. E’ eletto presidente chi si aggiudica (almeno) 270 voti elettorali; non conta il voto popolare nazionale: conta quel che accade a livello di singolo Stato (o di distretto in Maine e Nebraska).
Vediamo, dunque, come sta andando la campagna elettorale a livello di singoli Stati. Abbiamo classificato Stati (e distretti) in sette scaglioni, dal più democratico al più repubblicano; per Obama e per Romney, si considerano: blindati Stati (e distretti) dove la partita è chiusa, con la vittoria dell’uno o dell’altro; molto probabili Stati (e distretti) dove ad oggi la situazione sembra quasi granitica, ma non è escluso possa riaprirsi da qui alle elezioni; a vantaggio vulnerabile Stati (e distretti) dove la situazione è piuttosto incerta, ma dove sembra emergere una tendenza leggermente più favorevole ad uno dei due candidati; si considerano, infine, incerti, Stati (e distretti) nei quali non si possa attribuire (ad ora) un vantaggio ad uno dei due candidati.
Vedremo nei prossimi appuntamenti maggiori dettagli e spiegazioni sulla classificazione (che di qui a novembre potrà cambiare). In questo primo appuntamento forniamo solo la valutazione a livello di Stati e distretti, per ciascuno dei quali sarà indicato accanto e tra parentesi il numero dei suoi delegati.

Blindati Obama: Vermont (3); Rhode Island (4); New York (29); Delaware (3); Maryland (10); District of Columbia (3); Illinois (20); California (55); Hawaii (4). Totale: 131.
Molto probabili Obama: Maine/Stato (2); Maine/1° distretto (1); Massachusetts (11); Connecticut (7); Oregon (7); Washington (12). Totale: 40.
Vantaggio vulnerabile Obama: Maine/2° distretto (1); New Jersey (14); Pennsylvania (20); Michigan (16); Minnesota (10); New Mexico (5). Totale: 66.
Completamente incerti: New Hampshire (4); Ohio (18); Wisconsin (10); Iowa (6); Colorado (9); Nevada (6); Virginia (13); Florida (29). Totale: 95.
Vantaggio vulnerabile Romney: Indiana (11); Missouri (10); Nebraska/2° distretto (1); Arizona (11); North Carolina (15). Totale: 48.
Molto probabili Romney: Montana (3); South Carolina (9); Georgia (16). Totale: 28.
Blindati Romney: West Virginia (5); Kansas (6); Nebraska/Stato (2); Nebraska/1° distretto (1); Nebraska/3° distretto (1); South Dakota (3); North Dakota (3); Idaho (4); Wyoming (3); Utah (6); Alaska (3); Texas (38); Oklahoma (7); Arkansas (6); Louisiana (8); Mississippi (6); Alabama (9); Tennessee (11); Kentucky (8). Totale: 130.

La partita, come si vede, è tutta da giocare, specie se si considerano in gioco (come è doveroso fare) anche gli Stati a vantaggio vulnerabile.

 

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