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“Imprese italiane a rischio insolvenza”

Mentre la politica è impegnata nonostante la canicola agostana a delineare confini e alleanze in vista delle prossime elezioni (anche se non sappiamo ancora con quali modalità di voto) c’è da fare i conti con la crisi economica che, a differenza dei comuni mortali, di ferie proprio non vuol sentir parlare. Il bollettino mensile diffuso dalla Banca centrale europea evidenzia le difficoltà dell’eurozona e dell’Italia in particolare.
Per quanto riguarda le nostre imprese, viene rilevato un crescente rischio insolvenza. “Al complessivo aumento dell’incertezza ha fatto riscontro un netto deterioramento della valutazione del rischio di credito delle imprese da parte degli operatori”, fanno sapere da Francoforte. Il problema resta comunque generale: la ripresa per le economie dell’eurozona – viene spiegato – “sarà solo molto graduale” e “i rischi che circondano le prospettive economiche per l’area euro continuano ad essere orientati verso il basso”. La Bce prevede inoltre inflazione in calo nel corso del 2012 con una discesa sotto il 2% nel 2013.
Non va bene neppure sul fronte del lavoro, considerata la disoccupazione che sempre nell’Ue a 17 continua ad aumentare soprattutto tra i lavoratori più giovani. Non a caso gli indicatori “segnalano ulteriori perdite di posti di lavoro, a ritmo sostenuto, sia nell’industria sia nei servizi all’inizio del terzo trimestre del 2012”. Un dato già sottolineato su queste pagine analizzando lo studio di Unioncamere secondo cui sarebbero poco più di 631 mila le assunzioni di dipendenti che le imprese prevedono per il 2012, pari al 25% in meno rispetto al 2011.
Cosa è successo in questi anni? La Bce sintetizza così: la crisi del debito sovrano “riguardava inizialmente gli andamenti avversi delle finanze pubbliche greche, ma si è poi estesa a Irlanda e Portogallo; in seguito, anche la Spagna e l’Italia sono state oggetto di un più attento scrutinio da parte dei mercati. La mancanza di fiducia riguardo alla determinazione dei governi nell’affrontare la crisi, insieme all’assenza di un meccanismo di risoluzione efficace, si è poi trasmessa ad altri Paesi, in un fenomeno conosciuto come contagio”.
Tuttavia, afferma ancora la Bce, l’euro è irreversibile: “I premi per il rischio connessi ai timori sulla reversibilità dell’euro sono inaccettabili e vanno affrontati in modo sostanziale”.
La Banca centrale europea “può condurre operazioni di mercato aperto definitive di entità adeguata a conseguire il proprio obiettivo” e “ulteriori misure non convenzionali”, nell’ambito del suo mandato, a patto che i governi si affrettino ad attuare le “condizioni necessarie”, vale a dire gli strumenti anti-spread recentemente concordati tramite l’utilizzo dei fondi salva-Stati Esfsf (Fondo europeo di stabilità finanziaria) e Esm (Meccanismo Europeo di Stabilità).
“Le politiche non convenzionali della Bce – avverte l’Eurotower in conclusione – hanno natura solo temporanea e non possono risolvere le cause di fondo degli squilibri finanziari e della differenziazione delle condizioni finanziarie. Occorrono correzioni strutturali nell’ambito delle finanze pubbliche, degli squilibri macroeconomici e della stabilità finanziaria, che competono ai governi nazionali dei Paesi dell’area euro”.

 

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