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Crisi economica, CGIA Mestre: “E’ la causa del fallimento di oltre 46 mila aziende”

La crisi, da quando è iniziata alla fine di giugno di quest’anno, ha provocato il fallimento di 46.400 imprese italiane. La stima è della CGIA di Mestre, secondo la quale poco meno di 14.400 (quindi, leggermente oltre il 30%) sono maturati a causa dell’impossibilità, da parte di questi imprenditori, di incassare in tempi ragionevoli le proprie spettanze.
La CGIA ha inoltre ricordato che secondo i dati raccolti da Intrum Justitia, “la percentuale di aziende che in Europa falliscono a causa dei ritardi dei pagamenti è pari al 25% del totale. Dato che nel nostro Paese i ritardi superano la media europea di circa 30 giorni, la CGIA ha stimato che la media italiana di aziende che falliscono a causa dei ritardi si attesta intorno al 31% del totale. Indubbiamente anche la crisi economica ha contribuito ad aggravare questa situazione, anche se, tra i principali Paesi dell’Unione europea, l’Italia è l’unico ad aver registrato, tra il 2008 ed i primi mesi del 2012, un aumento dei tempi effettivi di pagamento: + 8 giorni nelle transazioni commerciali tra le imprese private, + 45 giorni nei rapporti tra Pubblica amministrazione ed imprese”.
Le imprese italiane, che lavorano per lo Stato centrale o le Autonomie Locali, vivono una situazione “drammatica”, perché, spiega la CGIA di Mestre, secondo la Cgia, se in Italia il pagamento avviene mediamente dopo 180 giorni, in Francia le aziende vengono saldate dopo 65 giorni, in Gran Bretagna dopo 43 giorni, mentre in Germania il pagamento avviene dopo appena 36 giorni.
“Nonostante il Governo Monti abbia messo in campo alcune misure che entro la fine di quest’anno dovrebbero sbloccare una parte dei pagamenti che i privati avanzano dalla Pubblica amministrazione – sottolinea Giuseppe Bortolussi, Segretario della CGIA di Mestre – è necessario che venga recepita quanto prima la Direttiva europea contro il ritardo nei pagamenti. La mancanza di liquidità sta facendo crescere il numero degli “sfiduciati”, ovvero di quegli imprenditori che hanno deciso di non ricorrere all’aiuto di una banca. E’ un segnale preoccupante che rischia di indurre molte aziende a rivolgersi a forme illegali di accesso al credito, con il pericolo che ciò dia luogo ad un incremento dell’usura e del numero di infiltrazioni malavitose nel nostro sistema economico”.

 

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