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Il “peso” dei faccia a faccia televisivi

di Fabio Germani

Il dibattito televisivo del 26 settembre 1960 che vide contrapporsi Richard Nixon e John F. Kennedy fu il primo nella storia delle campagne elettorali statunitensi. Di certo non staremo qui a farla lunga, talmente la letteratura dedicata alla comunicazione politica è colma di aneddoti e curiosità sullo storico faccia a faccia. Basti ricordare che il confronto tra i due pretendenti alla Casa Bianca introdusse una nuova, fondamentale, variabile nell’ambito delle campagne elettorali: la televisività. La capacità, vale a dire, di saper bucare lo schermo. In quell’occasione Kennedy era decisamente più in forma del rivale: abbronzato, ben pettinato e sicuro di sé. Nixon presentava un aspetto arruffato, dovuto anche al ricovero in ospedale nel mese di agosto per via di un brutto infortunio. Chi seguì il dibattito alla tv decretò Kennedy quale vincitore, al contrario Nixon fu preferito da quanti ascoltarono il confronto alla radio.
Il primo dibattito del 1960 segnò uno spartiacque rispetto a ciò che era stato prima, a cominciare dal famoso slogan di Eisenhower del 1952, I like Ike.

Gli anni passano, tutto cambia. Arrivano i Jesse Ventura e gli Howard Dean. Le campagne elettorali si vincono in mille modi diversi e nel 2008 viene sancita la Rete quale strumento ormai imprescindibile per varcare la soglia della Casa Bianca o per accedere al Congresso. Eppure alla vigilia del primo dibattito televisivo tra Barack Obama e Mitt Romney i commentatori e gli analisti politici continuano a interrogarsi su chi sarà il candidato in grado di vincere la sfida, segno che i dibattiti televisivi restano a tutt’oggi una prerogativa della corsa elettorale. Quanti, tra gli indecisi, potrebbero essere spinti a votare per l’uno o per l’altro contendente dopo averli sentiti parlare faccia a faccia? Una battuta assestata al momento giusto, come insegna l’esperienza di Reagan, può essere più che sufficiente. D’altro canto Obama, in quanto presidente in carica, ha tutto da perdere. A lui spetterà infatti il compito di far valere le proprie ragioni, motivando le misure varate dall’amministrazione nel pieno della crisi economica. E Romney, come è presumibile, attaccherà sul lavoro, sulla riforma sanitaria e su tutte quelle promesse che Obama non avrebbe mantenuto a detta dei suoi detrattori (il presidente, da par suo, potrà sempre difendersi ripercorrendo l’ambigua carriera di uomo d’affari dello sfidante nonché le sue ultime uscite infelici).
Il dibattito di mercoledì, in programma all’Università di Denver, in Colorado, verterà soprattutto sui temi di politica interna. È probabile che non assisteremo agli sguardi ammiccanti che mostrarono Bush e Kerry nel 2004 (ma è tutto da dimostrare, data la teatralità sia di Obama che di Romney), né ascolteremo gli sfidanti rivolgersi al Joe The Plumber di turno, come capitò quattro anni fa all’allora candidato democratico e a John McCain. Secondo l’ultimo sondaggio condotto dalla Cnn, Obama sarebbe in vantaggio sull’ex governatore del Massachusetts, sebbene di pochissimo: 50 a 47. Il numero uno della Fed, Ben Bernanke, ha recentemente sostenuto che l’economia statunitense crescerà ancora, ma troppo lentamente per far sì che vi sia una rapida ripresa dell’occupazione. Scommettiamo che stavolta gli americani presteranno poca attenzione al look? (anche perché i due, in genere, sono impeccabili)

 

1 Commento per “Il “peso” dei faccia a faccia televisivi”

  1. […] primo dibattito, come già spiegato, è stato incentrato sui temi di politica interna. Romney ha attaccato Obama sugli argomenti più […]

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