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Come procede il riordino delle province

di Fabio Germani

Se mai ci fossero stati dei dubbi, ci ha pensato il ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, a fugarli del tutto. Durante l’audizione in commissione Affari costituzionali della Camera di mercoledì, infatti, l’esponente del governo Monti ha ribadito l’intenzione dell’esecutivo di chiudere il processo di riordino delle province entro la fine della legislatura.
L’articolo 17 della legge 135/2012, nell’ambito della spending review, pone i requisiti minimi per il riordino. Le aree interessate devono avere una dimensione territoriale non inferiore a 2.500 chilometri quadrati e una popolazione residente di almeno 350 mila abitanti (fanno eccezione le province in cui si trova il comune capoluogo di Regione, quelle confinanti con province di regioni diverse e quelle destinate a mutare in “città metropolitana”).
In queste ore i Comitati per le autonomie locali (Cal) erano chiamati a valutare ipotesi di riordino da trasmettere alle Regioni e i risultati, per adesso, appaiono esigui. Ciò che viene lamentato un po’ ovunque è la ristrettezza dei tempi dettata dal governo per l’accorpamento di territori che spesso presentano diversità culturali e sociali non indifferenti. In Toscana, ad esempio, sono stati elaborati due documenti (uno prevede Firenze quale città metropolitana e quattro province, il secondo disegna una provincia in più) rimandando così la decisione direttamente alla Regione. In Veneto le province mantenute sarebbero sei (più la città metropolitana di Venezia), mentre in Lombardia è stata “salvata” Monza, che stando allo schema iniziale sarebbe dovuta essere cancellata. Nel Lazio, invece, il Cal ha preso atto della decisione della giunta di presentare ricorso alla Corte Costituzionale contro le norme stabilite dall’esecutivo. La situazione viene considerata complessa, è stato ulteriormente spiegato, per via dell’istituzione della città metropolitana di Roma, dato il già esistente status di Roma Capitale.
Quindi? Se il governo manterrà fede all’impegno preso, a giorni potrebbe riordinare le province con atto legislativo, in teoria tenendo conto delle proposte giunte dagli enti locali. Dopodiché, con l’anno nuovo, dovranno essere individuate le risorse in via di trasferimento dalle province ai comuni interessati (funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività dei comuni). Alle nuove province spetterà la pianificazione dei servizi (trasporto, infrastrutture, rete scolastica). Alle città metropolitane, inoltre, verranno assegnate la ristrutturazione dei servizi pubblici (mobilità e viabilità) oltre che la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale.
Confesercenti ha stimato un risparmio di spesa immediato pari a 4,5 miliardi di euro se si procedesse all’abolizione totale delle province. Al contrario, osserva Confesercenti, l’attuale schema di riordino “è messo in discussione da un fronte contenzioso aperto da 17 amministrazioni locali, tra province e regioni”.

 

2 Commenti per “Come procede il riordino delle province”

  1. […] verrà presentato il decreto legge riguardante il riordino delle province. Non molte settimane fa avevamo accennato alle difficoltà riscontrate, da parte dei Comitati per le autonomie locali e delle Regioni, nella […]

  2. […] non avrebbe subito alcun rallentamento. Il ruolino di marcia sarebbe stato rispettato, in ossequio alle proposte dei Cal, ma pur sempre mirato a diminuire (e non di poco) il numero delle province. Le incomprensioni dei […]

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