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Quello che le parole non dicono

di Fabio Germani

Quando si commentano i duelli televisivi tra candidati – in questo caso alla presidenza degli Stati Uniti – le analisi da fare sono di due tipi: l’una sui contenuti, l’altra sul linguaggio del corpo.
Già nel 2008 Obama veniva considerato un oratore eccellente (parlare in pubblico gli riesce benissimo, in effetti). Eppure, ciononostante, nei giorni scorsi Obama aveva ritenuto opportuno “andare in ritiro” per allenarsi con Jonh Kerry, candidato alle elezioni del 2004. Dunque il presidente era preparato, ma presumibilmente non immaginava di ritrovarsi dinanzi ad un Romney tanto in forma.
Il “nervosismo” di Obama è stato tangibile fin dai primi istanti, subito dopo l’ingresso sul palco allestito nell’Università di Denver, in Colorado. L’ex governatore del Massachusetts si è prolungato a raccogliere gli applausi della platea mostrando una gran sicurezza, al contrario Obama si è limitato a qualche timido cenno con le mani e di corsa verso la propria postazione, come a dire: “Prima cominciamo, meglio è”.
L’unico momento in cui il presidente è apparso rilassato è stato quando, scherzando, si è rivolto alla moglie promettendole di trascorrere diversamente l’anniversario di nozze il prossimo anno (mercoledì ricorreva il ventesimo anno di matrimonio di Barack e Michelle). Ma è durato un soffio, perché Romney è riuscito ad assestare una battuta vincente: “Auguri signor presidente. Sono sicuro che questo era il posto più romantico che lei potesse immaginare, qui con me…”.

Il primo dibattito, come già spiegato, è stato incentrato sui temi di politica interna. Romney ha attaccato Obama sugli argomenti più spinosi: tasse, deficit, riforma sanitaria, occupazione. Ad ogni affondo del repubblicano, il presidente ha assunto un atteggiamento remissivo, chinando il capo ed evitando il più possibile lo sguardo di Romney. Generalmente ai candidati viene suggerito di non guardare mai l’avversario – se non il giusto – ma di buttare l’occhio sempre sulla telecamera, un modo, quasi confidenziale, per comunicare al pubblico che il riferimento è il cittadino/elettore. Romney, invece, non gli ha mai staccato gli occhi di dosso, incalzandolo e ostentando l’aria di chi la sa molto più lunga rispetto al proprio interlocutore. Una mossa che, osservando la reazione sommessa di Obama, è risultata vincente. Non che l’attuale inquilino della Casa Bianca non abbia azzeccato neppure un colpo. Pensiamo a quando, in riferimento alla Obamacare, ha detto esplicitamente di essersi ispirato alla riforma che Romney varò quando era governatore del Massachusetts. Ma dal cilindro del presidente non è uscito molto di più e alla fine il verdetto è stato impietoso: il 67% tra coloro che hanno seguito il dibattito ha preferito di gran lunga Romney. È tuttavia curioso come la vicenda della gaffe di Romney di alcune settimane fa (quella sul 47% di americani “parassiti”) non sia mai stata menzionata da Obama. Che lo staff presidenziale abbia in serbo qualche sorpresa per i prossimi appuntamenti?

 

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