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Le persone senza dimora in Italia

In base alla rilevazione condotta nell’ambito di una ricerca sulla condizione delle persone che vivono in povertà estrema, realizzata a seguito di una convenzione tra l’Istat, il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, la Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (fio.PSD) e la Caritas italiana, le persone senza dimora che, nei mesi di novembre-dicembre 2011, hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna nei 158 comuni italiani in cui è stata condotta l’indagine sono stimate in 47.6482. La stima è di tipo campionario ed è soggetta all’errore che si commette osservando solo una parte e non l’intera popolazione. Di conseguenza, l’intervallo di confidenza all’interno del quale il numero stimato di persone senza dimora può variare, con una probabilità del 95%, è compreso tra 43.425 e 51.872 persone.
Le persone senza dimora stimate dalla rilevazione corrispondono a circa lo 0,2% della popolazione regolarmente iscritta presso i comuni considerati dall’indagine. Va tuttavia precisato che questo collettivo include individui non iscritti in anagrafe o residenti in comuni diversi da quelli dove si trovano a gravitare. L’incidenza sul totale dei residenti risulta più elevata nel Nord-ovest, dove le persone senza dimora corrispondono a circa lo 0,35% della popolazione residente, seguono il Nord-est con lo 0,27%, il Centro con lo 0,20%, le Isole (0,21%) e il Sud (0,10%).

Le persone senza dimora sono per lo più uomini (86,9%), la maggioranza ha meno di 45 anni (57,9%), nei due terzi dei casi hanno al massimo la licenza media inferiore e il 72,9% dichiara di vivere solo. La maggioranza è costituita da stranieri (59,4%) e le cittadinanze più diffuse sono la rumena (l’11,5% del totale delle persone senza dimora), la marocchina (9,1%) e la tunisina (5,7%).
In media, le persone senza dimora riferiscono di esserlo da circa 2,5 anni. Quasi i due terzi (il 63,9%), prima di diventare senza dimora, vivevano nella propria casa, mentre gli altri si suddividono pressoché equamente tra chi è passato per l’ospitalità di amici e/o parenti (15,8%) e chi ha vissuto in istituti, strutture di detenzione o case di cura (13,2%). Il 7,5% dichiara di non aver mai avuto una casa.
Gli stranieri senza dimora sono più giovani degli italiani (il 47,4% ha meno di 34 anni contro l’11,3% degli italiani), hanno un titolo di studio più elevato (ha almeno la licenza media superiore il 40,8% contro il 22,1% degli italiani) e vivono da meno tempo nella condizione di senza dimora (il 17,7% lo è da almeno due anni, contro il 36,3% degli italiani). Più spesso vivono con altre persone (il 30% contro il 21,8%), in particolare con amici (17,4% contro 10,2%); ben il 99,1% è nato in uno stato estero e solo il 20% era senza dimora prima di arrivare in Italia.

Più della metà delle persone senza dimora che usano servizi (il 58,5%) vive nel Nord (il 38,8% nel Nord-ovest e il 19,7% nel Nord-est), poco più di un quinto (il 22,8%) nel Centro e solo il 18,8% vive nel Mezzogiorno (8,7% nel Sud e 10,1% nelle Isole). Il risultato, a livello ripartizionale, è tuttavia il frutto della notevole concentrazione della popolazione considerata nei grandi centri. Le più elevate percentuali osservate nel Nord-ovest e nel Centro dipendono, essenzialmente, dal fatto che Milano e Roma accolgono ben il 71% della corrispondente stima campionaria. Ben il 44% delle persone senza dimora utilizza servizi con sede a Roma o Milano: il 27,5% a Milano e il 16,4% a Roma.

Le persone senza dimora hanno in media 42,2 anni; circa un terzo (31,8%) ha meno di 35 anni e solo il 5,3% ne ha più di 64. Gli stranieri sono più giovani degli italiani (36,9 anni contro 49,9 anni): quasi la metà (46,5%) ha meno di 35 anni, mentre ben il 10,9% degli italiani ha più di 64 anni. La maggiore anzianità degli italiani comporta anche una maggiore durata della condizione di senza dimora: circa la meta degli stranieri (il 49,7%) è senza dimora da meno di sei mesi, contro un terzo (il 32%) degli italiani; “solo” il 9,3% lo è da almeno quattro anni, contro un quarto (il 24%) degli italiani. Si tratta, nel complesso, di una durata media nella condizione di senza dimora di 2,5 anni, più bassa per gli stranieri (1,6 anni), più alta per gli italiani (3,9 anni).
Il fatto di essere più giovani, tra gli stranieri, si associa anche a titoli di studio mediamente più elevati: ben il 43,1% ha almeno un diploma di scuola media superiore (il 9,3% una laurea) contro il 23,1% degli italiani; tuttavia, il 6,1% degli stranieri dichiara di non saper leggere né scrivere. Oltre la metà degli italiani (51,5%) è in possesso del titolo di studio corrispondente alla scuola dell’obbligo (licenza media inferiore).
Tra le persone senza dimora, il 7,5% dichiara di non avere mai avuto una casa; tra questi, sono simili (circa un terzo del totale) le quote di coloro che, prima di essere senza dimora, erano ospitati da amici e/o parenti, vivevano in un campo nomadi o simile oppure vivevano in un alloggio occupato, in un istituto per minori, per inabili o altro. Si tratta soprattutto di stranieri (72,3%) e di giovani (l’età media è pari a 37,4 anni); il 28,8% vive come senza dimora da almeno due anni, il 58,5% vive da solo e il 30,7% con amici o parenti.
Il 63,9% delle persone senza dimora, prima di essere in tale condizione, viveva nella propria casa, quota che sale al 73,2% tra gli italiani. Tra questi ultimi, inoltre, il 58% vive la condizione di senza dimora in un comune diverso rispetto a quello in cui aveva l’abitazione e il 43,8% ha cambiato anche provincia; si tratta di trasferimenti verso città mediamente più grandi: l’8% si è trasferito a Milano e il 10% a Roma.
Tra gli stranieri, il 20% era senza dimora già prima di arrivare in Italia, il 41,4% dichiara di aver avuto la sua ultima abitazione in uno stato estero e il restante 38,6% in Italia. Tra questi ultimi, circa la metà dichiara che l’ultima abitazione era in un comune diverso da quello in cui vive la condizione di senza dimora.

Il 28,3% delle persone senza dimora dichiara di lavorare: si tratta in gran parte di occupazioni a termine, poco sicure o saltuarie (24,5%); i lavori sono a bassa qualifica nel settore dei servizi (l’8,6% delle persone senza dimora lavora come facchino, trasportatore, addetto al carico/scarico merci o alla raccolta dei rifiuti, giardiniere, lavavetri, lavapiatti), nell’edilizia (il 4% lavora come manovale, muratore, operaio edile, ecc.), nei diversi settori produttivi (il 3,4% come bracciante, falegname, fabbro, fornaio, ecc.) e in quello delle pulizie (il 3,8%).
In media, le persone che hanno un lavoro, lo svolgono per 13 giorni al mese (il 37,6% per meno di 10 giorni e il 32,2% per 20 giorni o più) e il denaro guadagnato ammonta a 347 euro mensili (circa un quarto guadagna meno di 100 euro e quasi un terzo oltre 500 euro). Non emergono particolari differenze tra italiani e stranieri.
Le persone senza dimora che non svolgono alcuna attività lavorativa sono il 71,7% del totale; tuttavia, quelle che non hanno mai lavorato sono solo il 6,7% (in un quarto dei casi donne, in due terzi cittadini stranieri e con meno di 35 anni). Tra le persone senza dimora, infatti, ben il 61,9% ha perso un lavoro stabile, a seguito di un licenziamento e/o chiusura dell’azienda (il 22,3%), per il fallimento di una propria attività (il 14,3%) o per motivi di salute (il 7,6%). Tra le persone che hanno perso un lavoro stabile, la maggioranza non lavora (55,3%) e il 44,8% ha un lavoro a termine, poco sicuro o saltuario.
Oltre la metà delle persone senza dimora (il 51,5%) dichiara di non lavorare poiché non riesce a trovare un’occupazione, circa un decimo (9,8%) per motivi di salute, mentre sono prossime al 3% le percentuali di coloro che non lavorano per problemi giudiziari (3,3%) o di irregolarità dei documenti (2,7%); più diffusa, tra gli stranieri, è la difficoltà a trovare lavoro (57,8%) e la problematica legata alla mancanza di documenti regolari (4,6%). La maggiore anzianità che caratterizza la componente italiana si riflette, invece, in una quota più elevata di persone che non lavorano per motivi di salute (12,9%) o per sopraggiunti limiti di età (3,9%).

(fonte Istat)

 

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