Renzi come Berlusconi, la nuova creazione del nemico
Renzi il Rottamatore, che diventa Disgregatore. La campagna elettorale per le primarie è iniziata da qualche settimana ed è chiara la fisionomia del confronto: scagliarsi con forza contro il sindaco di Firenze. I bersaniani, più di Bersani stesso, hanno varato una strategia di guerra: tratteggiare l’avversario come un nemico alla stregua di Silvio Berlusconi.
I dirigenti del Partito democratico hanno usato l’etichetta “peggiore” per attaccare il rivale, ossia paragonarlo al Cavaliere, l’incubo di venti anni per tutti gli elettori di centrosinistra. In tale scenario l’appello renziano “ai delusi di centrodestra” è risultato funzionale all’accostamento con l’ex presidente del Consiglio. Un assist che ha favorito il sillogismo: “Renzi è di destra”. Una manipolazione del messaggio utile alla causa bersaniana.
Dicotomia. Nonostante i venti di rinnovamento annunciati, la comunicazione politica sembra abbastanza ancorata ai modelli del passato: continua la creazione di una dicotomia forte. La conferma giunge dalla minaccia di disgregazione del centrosinistra nel caso in cui vinca Renzi. Una sorta di appello agli elettori di sinistra a votare Bersani per far sopravvivere il partito. In pratica lo stesso comportamento che ebbe Berlusconi nel ’94 quando “scese in campo” contro il pericolo comunista. Nel caso delle primarie la minaccia è il “destrorso” sindaco di Firenze, che con i subdoli panni del rottamatore vuole fasciare la galassia progressista.
Insomma, i bersaniani hanno tracciato la retta con due opposti: da un lato il Bene-Bersani dall’altro il Male-Renzi con altri personaggi, come Vendola, disseminati lungo l’asse in base alla gradazione di “bontà” o “malvagità”. Sotto il profilo comunicativo, dunque, le primarie non sembrano offrire spunti rivoluzionari. Con l’eccezione della linea “pacifista” di Bersani in persona, che però resta un caso isolato.