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Un business che non conosce crisi

Se dovessimo indicare, ora, un business che non ha visto rallentamenti, anzi semmai è andato incrementando, di certo diremmo il gioco d’azzardo. Nel 2011 il gioco è valso qualcosa come 80 miliardi di euro, circa il 5% del Pil. L’aumento è molto dipeso dalle nuove regole che hanno introdotto ulteriori modalità per tentare la fortuna tramite il gioco, anche online. E soprattutto per l’apertura nel mercato, risalente al 2004 (legge Bersani-Visco), a società straniere quali Intralot, Merkur, William Hill e Unibet oltre alle italiane Lottomatica, Sisal e Snai. In linea generale, però, è tra il 2010 e il 2011 che è stato registrato il maggiore incremento (di quasi il 30%). Nel 1994, per rendere l’idea, il fatturato non superava i 6,5 miliardi di euro.
Cosa fa scattare la molla ai giocatori, siano essi di vecchia data o nuovi? Tanti fattori e non è da escludere che alcune dinamiche degli ultimi anni abbiano influito non poco sulle abitudini di tante persone. Procediamo per tappe. Recentemente l’Oms (l’organizzazione mondiale della sanità) ha quantificato in 1,8 milioni gli italiani a rischio di dipendenza da gioco d’azzardo. Un numero che fa il paio con le elaborazioni del Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo secondo cui i soggetti a rischio sarebbero un milione e 720 mila, quelli che presentano una vera e propria patologia 708 mila. Per lo più sono maschi, cassintegrati (86,7%) e precari (80,2%).
Ed è qui, dunque, che può celarsi la spiegazione di tale successo. Secondo l’indagine del Censis, infatti, oltre alla monetizzazione delle vincite è la gratificazione finanche “esistenziale” – a fronte di situazioni di vita, non ultime quelle lavorative, poco lusinghiere – a incentivare una partecipazione così massiccia al gioco d’azzardo.
Per quanto riguarda la ripartizione territoriale, tendenzialmente si gioca di più in Lombardia, Campania e nel Lazio con i picchi più alti nei grandi centri: Milano, Napoli e Roma.

 

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