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L’importanza del capitale umano nelle imprese

di Matteo Buttaroni

E’ assai noto che esiste una stretta correlazione tra l’ammontare, la qualità e l’età del capitale umano con la crescita di un’impresa. Anzi il capitale umano è la componente fondamentale per la crescita, soprattutto per quelle dinamiche che sono in via di sviluppo o che stanno tentando di risollevarsi dalla crisi.
Il capitale umano è importante sia in ambito manageriale e produttivo che in termini di forza lavoro.
Il primo ambito è sicuramente fondamentale perché consente all’impresa di rendersi competitiva. L’avvalersi di forza lavoro giovane consente inoltre di dare una continua innovazione tecnologica. E ancora: una forza lavoro qualificata o addirittura specializzata consente all’impresa di avvalersi di tecniche più sofisticate e di aumentare quindi la produttività del lavoro e di garantire la qualità dei prodotti.
Tutto ciò è quello che le imprese, in un momento così delicato, non stanno sfruttando: il capitale umano.
Esaminando per gradi le varie fasce di analisi si può notare che per quanto riguarda l’età degli occupati, “la maggior parte delle imprese dichiara una media compresa tra i 35 ed i 50 anni”. Il dato emerge dal Rapporto 2012 – Imprese e competitività, realizzato da Srm e Obi.
Il dato osservato dagli Osservatori appare comune a tutti i settori e, a parte qualche piccola eccezione, alle quattro aree territoriali considerate. A livello nazionale appare piuttosto bassa la percentuale di imprese con un’età media degli occupati inferiore ai 35 anni, soprattutto nel settore manifatturiero dove si attesta al 7,8%. Decisamente più alto della media è il dato riguardante le aziende manifatturiere del Mezzogiorno, dove il 18,3% dichiara un’età media degli occupati inferiore ai 35 anni.
Per quanto riguarda il settore delle costruzioni è il Nord Est a dichiarare la percentuale più alta di giovani 16,7% contro il 6,5% del Sud, che appare invece la percentuale più bassa. Nelle telecomunicazioni invece si conferma nuovamente il Sud la partizione territoriale con più assunzioni under 35 con il 18,7% contro il Centro che segna solo 8,1%. Arrivando al settore del turismo addirittura il Nord Ovest dichiara il 41,7% del capitale umano sotto i 35 anni contro solo il 4% del centro.
Veniamo ora al livello d’istruzione dei dipendenti. Le imprese italiane non sembrano molto puntate verso lavoratori con titoli di studio elevati: in tutto il Paese la maggior parte delle imprese dichiarano di non aver affatto o di avere al massimo il 10% dei dipendenti laureati.
“E’ questo il caso dell’80% delle imprese manifatturiere – si legge nel rapporto -, del 91,3% delle imprese costruttrici e dell’81,6% delle imprese turistiche. Nel settore ICT la percentuale risulta inferiore, visto il più elevato contenuto tecnologico dell’attività, ma comunque elevato (42,2%). Anche rispetto all’istruzione dei dipendenti le imprese meridionali non presentano particolari specificità rispetto al resto del Paese. Emerge un maggior ricorso a dipendenti laureati nel settore manifatturiero e, al contrario, un minor grado di istruzione dei dipendenti delle imprese ICT”.
Risulta anche che, con riferimento all’intero Paese, pochissimi titolari di azienda hanno meno di 35 anni e che oltre la metà ha invece un’età superiore ai 50 anni. Particolarmente difficile quindi per i giovani intraprendere un’attività imprenditoriale.
Al Sud le cose vanno più meno di pari passo con il resto d’Italia. “Nelle imprese manifatturiere – si apprende – l’età media dei titolari risulta leggermente inferiore e compresa tra i 35 ed i 50 anni. Al contrario nelle imprese ICT i titolari si collocano in maniera prevalente (circa il 65%) nella fascia di età superiore ai 50 anni”.
Passando ora alla composizione dell’organico risulta che nel settore manifatturiero meridionale “rispettivamente il 33,4% ed il 25,8% delle imprese dichiara infatti di avere all’interno del proprio organico dirigenti e quadri”. Percentuali decisamente più alte rispetto alle altre ripartizioni territoriali del Paese. Il rapporto sottolinea anche che “va però evidenziato che il 30% circa delle imprese meridionali ricorre a collaboratori occasionali o consulenti esterni, percentuale quasi doppia rispetto alla media del Paese”. Tali lavoratori però, molto spesso sono caratterizzati da un basso livello di competenze se confrontati con lavoratori stabili ed interni all’impresa, che però costerebbero maggiormente all’impresa.
“Una minore attenzione al livello di qualificazione tecnica e manageriale del proprio organico caratterizza invece le imprese meridionali degli altri settori produttivi. Nel settore dei servizi avanzati si riscontra la situazione peggiore: solo il 12,8% delle imprese dichiara di avere operai qualificati nel proprio organico ed appena il 2,2% dispone di quadri aziendali. Il Nord Ovest appare invece l’area geografica in cui le imprese sono maggiormente attente all’utilizzo di figure con elevate competenze”.
Guardando all’occupazione più in generale risulta che, a causa della crisi economica e dell’incertezza, “il settore delle costruzioni ed il settore turistico hanno subito le maggiori perdite occupazionali: in entrambi i settori si è assistito ad una sensibile contrazione dell’occupazione media, rispettivamente del 4,1% e del 3,1%, e ad una elevata percentuale di imprese che hanno effettuato riduzioni di organico, il 18,5% ed il 23%. Il settore manifatturiero ed il settore delle telecomunicazioni sono andati relativamente meglio, ma hanno comunque archiviato il 2011 con risultati negativi. Proprio in questi due settori si riscontrano eterogeneità territoriali rilevanti. In entrambi il Nord Ovest ha registrato una crescita occupazionale, testimoniata da una variazione media positiva nel numero di occupati e da un saldo positivo fra imprese che hanno ampliato e ridotto il proprio organico. Per quanto riguarda il settore manifatturiero si nota una certa tenuta dei livelli occupazionali anche nel Nord Est, dove la riduzione media degli occupati è stata molto contenuta (-0,3%). Decisamente più forte è stata la flessione occupazionale al Centro e nel Mezzogiorno. Proprio le regioni meridionali evidenziano la maggiore contrazione media degli occupati (-6,2%) ed il peggior saldo (-11,9%)”.
Il Mezzogiorno risulta ancora una volta essere l’area maggiormente colpita dalla riduzione di organico anche per quanto riguarda il settore delle costruzioni e nel settore turistico.

 

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