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Ma a vincere è stato l’astensionismo

di Fabio Germani

Si dice spesso che la Sicilia anticipa quelle che saranno le tendenze nazionali. Ovviamente non sempre è stato così. E in questa occasione, che ha visto trionfare (con oltre il 30% dei consensi) Rosario Crocetta, candidato sostenuto da Pd e Udc, potrebbe esserlo stato ancora meno.
Gli ingredienti per sondare gli umori della gente e tastare un po’ il terreno sembravano esserci tutti alla vigilia e li ha elencati Gian Antonio Stella sulle pagine del Corriere della Sera: dal peso del Movimento 5 Stelle, all’asse democratici-centristi passando per l’alleanza Sel-Idv fino ad arrivare ai voti da portare in dote da parte delle diverse anime del centrodestra (con i candidati Micciché da un lato, Musumeci dall’altro e coinvolgendo nella lotta “intestina” persino Gianfranco Fini). Ma erano ingredienti che rischiavano di restare comunque indigesti se osservati nella prospettiva del 2013. In Sicilia Pd e Udc hanno vinto insieme, ma sul piano nazionale il partito di Bersani ha optato per tutt’altra situazione formando una coalizione insieme a Sel (che ha escluso un allargamento a Casini prima delle elezioni) e Psi. Nell’isola, poi, l’apparentamento tra democratici e centristi era già avvenuto in ossequio ad una sgangherata maggioranza che sosteneva l’ex presidente Raffaele Lombardo dopo una quantità industriale di vicissitudini che hanno caratterizzato la vita della precedente amministrazione.
In un primo momento sembrava invece che il voto siciliano dovesse significare molto di più nelle file del centrodestra, ma anche qui le contraddizioni e le faide che stanno tracciando nuovi perimetri hanno avuto il sopravvento su qualsiasi ipotesi da tenere in considerazione in vista dell’appuntamento del prossimo anno. Anzi, tutto ha preso una piega diversa negli ultimi giorni e nulla che abbia a che fare con le elezioni in Sicilia. Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha confermato che il 16 dicembre si terranno le primarie, ribadendo tra le righe che il nuovo impegno di Berlusconi a seguito della sentenza di primo grado che lo condanna nel processo Mediaset assumerà un valore evidentemente “alternativo” rispetto al passato.
Poi c’è il Movimento 5 Stelle, che in Sicilia è primo partito. Un motivo in più per Beppe Grillo di gioire nonostante il suo candidato, Giancarlo Cancelleri, sia giunto terzo alle spalle di Crocetta e Nello Musumeci. Ma ha senso proiettare tale primato su scala nazionale? Il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, ritiene di no e lo ha spiegato nei canonici 140 caratteri di Twitter: “In politica si vince o si perde, arrivare terzi fa sbellicare dalle risate. Il Giornalista Collettivo non capisce una mazza”. E ancora: “In elezioni regionali presidenziali il concetto di primo partito è inesistente”. Vedremo.
Certo è che se la Sicilia “specchio d’Italia” deve essere, allora non è affatto positiva l’immagine riflessa. E in quest’ultima circostanza sarebbe opportuno che i partiti prestassero maggiore attenzione. Perché quando alle urne si reca appena il 47,42% degli elettori, cioè quasi il 53% preferisce starsene a casa, significa che a vincere in verità è il “partito del non voto”. Provate adesso a proiettare questa, di immagine, su scala nazionale…

 

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