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Annunci e ripensamenti: essere Silvio Berlusconi

di Fabio Germani

Quello di mercoledì al Residence Ripetta di Roma, durante la presentazione del libro di Bruno Vespa, Il Palazzo e la Piazza, è stato l’ennesimo coup de théâtre a cui Silvio Berlusconi ci ha senz’altro abituati negli ultimi venti anni, non fosse che in questi mesi i ripensamenti su “discese in campo”, presunte o reali, sono stati piuttosto reiterati nel tempo. Più di altre volte, insomma. Tanto da essere il primo a scherzarci su, rispondendo ad una domanda del giornalista: “Vuole la risposta di ieri sera, di stamattina, di oggi a pranzo, o di oggi pomeriggio?”.
Riassumiamo brevemente per quei pochi che se la sono persa. Dopo aver additato nei giorni scorsi il premier Mario Monti e le politiche del suo governo come diretti responsabili del peggioramento della condizione economica e sociale del Paese, il Cav. ha proposto la candidatura del Professore a Palazzo Chigi quale ganglio capace di riunire l’intera area moderata, mantenendo per sé un ruolo di “padre nobile” dell’operazione. Pur precisando: “In questo momento sono candidato”.
Cosa era successo prima di mercoledì sera? Bisogna tornare indietro di qualche mese, a giugno per l’esattezza, quando alcune dichiarazioni rilasciate per l’intervista pubblicata in appendice al libro L’onestà al potere di Roberto Gelmini, sembravano intendere la volontà di Berlusconi di tornare alla guida del centrodestra per la sesta volta consecutiva: “Continuerò ad essere il leader dei moderati finché gli italiani lo vorranno. E lavorerò ogni giorno, con tutte le mie forze, come ho sempre fatto, affinché, terminata la fase comunque transitoria del governo Monti, un centrodestra in parte rinnovato e più ampio torni a guidare il paese”.
Dopo quelle parole seguono giornate convulse, tra commenti entusiasti ed altri più scettici, nonché gli immancabili retroscena giornalistici sulla possibilità di andare alle urne anticipatamente, addirittura a ottobre o a novembre. Succede poi che – siamo nella seconda metà di ottobre – a pochi giorni dalla condanna a quattro anni di reclusione (di cui tre condonati per indulto) per frode fiscale nell’ambito del processo Mediaset, il Cavaliere decide di compiere un passo indietro. E lo fa in grande stile evocando, se vogliamo, il fatidico annuncio del 1994: “Per amore dell’Italia si possono fare pazzie e cose sagge. Diciotto anni fa sono entrato in campo, una follia non priva di saggezza: ora preferisco fare un passo indietro per le stesse ragioni d’amore che mi spinsero a muovermi allora. Non ripresenterò la mia candidatura a premier ma rimango a fianco dei più giovani che debbono giocare e fare gol. Ho ancora buoni muscoli e un po’ di testa, ma quel che mi spetta è dare consigli, offrire memoria, raccontare e giudicare senza intrusività”.
Ma le primarie, che egli stesso aveva confermato in quel messaggio, non si faranno più. Poco appeal avrebbero i potenziali candidati, compreso l’eterno delfino Alfano al quale è riservato il tipico trattamento del bastone e della carota. Cosicché, quella che pare essere la scelta definitiva, ma anche no, giunge all’inizio di dicembre: “Leggo su un’agenzia una frase a me attribuita, del tutto inventata e addirittura surreale: ‘Io non mi candido perché non mi volete’, frase che avrei rivolto ai miei colleghi del Popolo della libertà. La realtà è l’opposto: sono assediato dalle richieste dei miei perché annunci al più presto la mia ridiscesa in campo alla guida del Pdl”.
“La situazione oggi – osservava in quest’ultima occasione – è ben più grave di un anno fa, quando lasciai il governo per senso di responsabilità e per amore del mio Paese. Oggi l’Italia è sull’orlo del baratro. L’economia è allo stremo, un milione di disoccupati in più, il debito che aumenta, il potere d’acquisto che crolla, la pressione fiscale a livelli insopportabili. Le famiglie italiane angosciate perché non riescono a pagare l’Imu. Le imprese che chiudono, l’edilizia crollata, il mercato dell’auto distrutto. Non posso consentire che il mio Paese precipiti in una spirale recessiva senza fine. Non è più possibile andare avanti così. Sono queste le dolorose constatazioni che determineranno le scelte che tutti insieme assumeremo nei prossimi giorni”.
Berlusconi torna in campo, più o meno in via ufficiale, con il rischio però di spaccare il centrodestra, soprattutto creando un malumore non indifferente tra coloro che sosterrebbero ancora l’attutale presidente del Consiglio e coloro che, invece, le primarie le avrebbero volute. Ma in una serata ecco che il Cav. ricompatta tutti daccapo. Almeno fino alla prossima mossa.

 

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