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Spettatori in fuga (dagli stadi italiani)

di Fabio Germani

È notizia di giovedì mattina l’arresto del presidente del Cagliari, Massimo Cellino, di Mauro Contini e Stefano Lilliu, vale a dire sindaco e assessore ai lavori pubblici del comune di Quartu, nell’ambito dell’inchiesta sullo stadio Is Arenas, la struttura che dovrebbe ospitare la squadra sarda nelle partite casalinghe di Serie A. Per quanto la vicenda giudiziaria travalichi (ma neanche troppo) l’atavica questione degli stadi italiani (i tre, infatti, sono accusati di tentato peculato e falso per utilizzo di denaro destinato al piano integrato d’area per la realizzazione di una parte del nuovo stadio), una riflessione sul nostro calcio appare doverosa.
Il pallone, che pure è lo sport nazionale, rappresenta a suo modo il più tipico esempio di ritardo strutturale del Paese. Come avevamo scritto alcuni giorni fa, citando l’indagine Eurispes contenuta nel Rapporto Italia 2013, “oggi il calcio professionistico è un sistema che si sta avvitando su se stesso: nell’ultimo quadriennio in Italia sembra aver raggiunto circa 1.375 milioni di euro di perdite tra le quali 428 milioni solo nella stagione 2010/2011”. Se i club ricavano sempre meno, molto dipende anche dalle minori entrate allo stadio (che raramente vengono compensate dall’audience televisiva). Il punto è, qui sta la chiave di tutto, che le nostre strutture sono ferme a Italia ’90. Da allora nulla è stato fatto per tentare di rinnovare quello che andrebbe considerato un patrimonio, vista la presa che il calcio ha sulle persone. Stadi fatiscenti, sporchi e obsoleti, ma biglietti costosissimi: tanto basta ad allontanare le famiglie dallo sport più amato. Dal 1999 al 2011 le presenze di spettatori negli stadi sono diminuite del 21% quando la Bundesliga ha registrato un +48% e la Premier League un +15%. Pure gli stadi spagnoli, francesi e svizzeri vantano condizioni decisamente migliori, mentre paesi come Portogallo, Belgio e Olanda usufruiscono dei benefici derivati dalle ristrutturazioni per gli Europei del 2000 e del 2004. Noi, invece, rammentiamo ancora le “notti magiche”. Per dovere di cronaca dobbiamo ammettere che alla 23esima giornata di campionato, l’Osservatorio calcio italiano ha rilevato un lieve incremento di spettatori (+1,3%) rispetto alle passate stagioni. Va da sé, tuttavia, che è troppo poco. Tanto per rendere ulteriormente l’idea, il Milan ricava all’incirca 33,8 milioni di euro dai biglietti, in Inghilterra l’Arsenal arriva a 117.
Ennesimo ritardo italiano è l’assenza di stadi di proprietà. L’unico esempio positivo (in quanto unico, appunto) è lo Juventus Stadium che ha assicurato nuovi introiti alla società bianconera oltre che per la vendita dei biglietti, per il merchandising derivante dalla presenza di esercizi commerciali all’interno dell’impianto. La cordata statunitense che controlla la Roma ha avviato le pratiche per un nuovo stadio (che sorgerà, se tutto andrà secondo i piani, nell’area di Tor di Valle) di cui è quasi impossibile, allo stato attuale, prevedere costi, realizzazione e tempi. Lentezze delle procedure burocratiche certamente non invogliano investitori, laddove evidentemente mancano normative che chiariscano il raggio d’azione salvo accordi con i Comuni. “Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi anche a sostegno della candidatura dell’Italia a manifestazioni sportive di rilievo europeo o internazionale”, era il titolo del disegno di legge promosso nel 2009 e che di fatto è rimasto lettera morta in quanto già alla sua nascita aveva portato con sé strascichi di polemiche su potenziali speculazioni e cementificazione selvaggia. E a ben vedere, la vicenda dell’Is Arenas – unico impianto sardo classificato di categoria 3, cioè conforme alle norme Uefa (sì, ma a lavori terminati) – è un ipotetico preambolo ai timori paventati. Come spiega la Gazzetta dello Sport, “da mesi la Guardia Forestale aveva avviato delle indagini per assicurarsi che l’impianto fosse in regola con il piano paesaggistico, visto che lo stesso si trova all’interno dell’area protetta dello stagno di Molentargius”.

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