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In Italia oltre nove milioni di poveri

poverta_crisiNel 2012, sono 3 milioni 232 mila le famiglie in condizione di povertà relativa per un totale di 9 milioni 563 mila individui (il 15,8% dell’intera popolazione). Tra il 2011 e il 2012, evidenti segnali di peggioramento si rilevano in tutte le ripartizioni geografiche: l’incidenza di povertà è passata dal 4,9% al 6,2% nel Nord, dal 6,4% al 7,1% nel Centro e dal 23,3% al 26,2% nel Mezzogiorno. Se oltre al territorio si analizzano le caratteristiche familiari, appare evidente come la povertà sia aumentata per molti sottogruppi di popolazione, anche per quelli che, tradizionalmente, presentano una diffusione del fenomeno molto contenuta. Trend negativi si osservano, infatti, per le coppie con uno o due figli (l’incidenza di povertà è passata dal 10,4% al 15,4% e dal 14,8% al 17,4% rispettivamente); in particolare, il peggioramento ha riguardato le famiglie con figli minori, tra le quali l’incidenza di povertà dal 15,6% è salita al 18,3% (dal 13,5% al 15,7% se con un figlio minore, dal 16,2% al 20,1% se con due). La povertà aumenta tra le coppie con persona di riferimento con meno di 65 anni (dal 4,6% al 7%) e tra i single under 65 (dal 3,6% al 4,9%). Segnali di peggioramento si rilevano anche tra le famiglie con persona di riferimento dirigente o impiegato (dal 4,4% al 6,5%, particolarmente marcata per gli impiegati), tra quelle con tutti i componenti occupati (dal 4,1% al 5,1%) e con componenti occupati e ritirati dal lavoro (dal 9,3% all’11,5%). La povertà aumenta tra le famiglie con almeno un componente in altra condizione non professionale, sia che vi siano occupati (dal 14,1% al 16,2%) sia che vi siano ritirati dal lavoro (dal 13,5% al 16,4%).
Oltre che tra le famiglie con persona di riferimento con la licenza di scuola media inferiore (dal 14,1% al 16,8%), l’incidenza aumenta, dal 5% al 6,4%, anche tra quelle con a capo almeno un diplomato. I peggioramenti più marcati si osservano, tuttavia, per le realtà familiari con problemi di accesso al mercato del lavoro: la quota di famiglie povere tra quelle con a capo una persona in cerca di occupazione era del 27,8% nel 2011 e ha raggiunto il 35,6% nel 2012.
Segnali di miglioramento si osservano esclusivamente tra le persone sole anziane, l’incidenza passa dal 10,1% all’8,6%, anche a seguito del fatto che le pensioni sono redditi garantiti e che le più basse hanno mantenuto l’adeguamento alla dinamica inflazionistica.
Nel Nord peggiorano le condizioni economiche delle famiglie con tre o quattro componenti (dal 5,9% al 7,9% e dal 6,2% all’8,9% rispettivamente); si tratta in particolare di coppie con figli, soprattutto se minori (dal 7,3% al 10,9% se i minori sono due). La povertà relativa aumenta tra le persone con meno di 65 anni, sia sole che in coppia, e trend negativi emergono per le famiglie con membri aggregati: l’incidenza dall’11,9% sale al 16,3%. Così come osservato a livello nazionale, la povertà aumenta tra le famiglie con persona di riferimento occupata (dal 3,9% al 5,5%), interessando sia gli operai (dal 7,3% al 9,6%), sia i lavoratori in proprio (dal 3,8% al 6,6%), posizioni professionali spesso associate a bassi livelli di istruzione (la povertà relativa aumenta anche tra le famiglie con a capo una persona con la licenza media inferiore, dal 6% all’8,3%). Le condizioni di vita delle famiglie settentrionali si sono tuttavia aggravate soprattutto se a capo della famiglia vi è una persona in cerca di lavoro: l’incidenza di povertà dell’11,7% nel 2011 è raddoppiata, raggiungendo il 22,3% nel 2012.
Nel Centro si osservano variazioni statisticamente significative tra le famiglie con a capo una persona di età inferiore ai 35 anni (dal 6,1% all’11%) o con età compresa tra 55 e 64 anni (dal 3,7% al 6,6%); soprattutto se con licenza media inferiore (l’incidenza di povertà dall’8,1% è salita all’11,1%).Nel Mezzogiorno peggiora la condizione delle famiglie con tre o quattro componenti, tra le quali quasi un terzo è relativamente povero; si tratta di coppie con uno (l’incidenza dal 20,5% passa al 31,3%) o due figli (dal 27,5% al 30,9%), soprattutto se minori (in particolare tra le coppie con un figlio l’incidenza dal 26% sale al 32,7%). Una dinamica negativa si osserva anche tra le coppie con persona di riferimento con meno di 65 anni (l’incidenza raggiunge il 18,1% ed era il 12,1% nel 2011) e tra le famiglie con due o più anziani: l’incidenza di povertà è salita dal 27,6% al 32,6%.
Nelle regioni del Sud e nelle Isole, la povertà aumenta, oltre che tra le famiglie con a capo una persona con la licenza media inferiore (dal 28% al 31,2%), tra quelle con persona di riferimento avente almeno il diploma (dall’11,3% al 15,2%), tra i dirigenti e gli impiegati (dall’11,1% al 16,4%), tra gli imprenditori e i liberi professionisti (dal 7% all’11,8%). Se, infine, a capo della famiglia vi è una persona in cerca di occupazione l’incidenza di povertà relativa raggiunge quasi il 50% (49,7%).
La povertà è tradizionalmente più diffusa nel Mezzogiorno, tra le famiglie più ampie, in particolare con tre o più figli, soprattutto se minorenni; si conferma la forte associazione tra povertà, bassi livelli d’istruzione, bassi profili professionali (working poor) ed esclusione dal mercato del lavoro: se la persona di riferimento ha al massimo la licenza elementare l’incidenza di povertà è pari al 19% (contro il 6,4% osservato tra i diplomati e oltre) e sale al 35,6% se è alla ricerca di lavoro. Livelli d’incidenza prossimi al 50% si osservano tra le famiglie senza occupati né ritirati dal lavoro.
L’intensità della povertà, che indica, in termini percentuali, quanto la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere si colloca al di sotto della linea di povertà, nel 2012 è risultata pari al 19,9% e corrisponde a una spesa media equivalente delle famiglie povere pari a 793,32 euro mensili; nel 2011 era di 797,50 euro mensili. Nel Mezzogiorno, la più ampia diffusione della povertà si associa alla maggiore gravità del fenomeno: la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è risultata pari a 778,98 (l’intensità è del 21,4%), rispetto a 825,49 e 809,69 euro (16,7% e al 18,3%) nel Nord e nel Centro rispettivamente.

(fonte: Istat)

 

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