Tra gli atenei migliori al mondo 26 sono italiani
Sono 26 gli atenei italiani che figurano nella classifica delle 800 università migliori al mondo. La migliore delle nostre risulta essere l’Università di Bologna che però si piazza solo al 188esimo posto del Qs World University Rankings. Meglio comunque del 194esimo posto dello scorso anno. In questo senso hanno guadagnato punti tutti gli atenei italiani. Al secondo posto, quindi al 196 della classifica internazionale, troviamo la Sapienza di Roma (nel 2012 era 216esima).
Il terzo posto se lo aggiudica il politecnico di Milano, che sale 230esimo del ranking contro il 244esimo dello scorso anno. Sale anche il quarto ateneo italiano, l’università degli studi di Milano, che passa al 235 dal 256. Quinta invece l’Università di Pisa che si aggiudica il 259 esimo posto mentre nel 2012 era al 314esimo. La Bocconi, in particolare è risalita di 17 posizioni rispetto ad un anno fa ed è nona in Europa nella classifica social sciences and management.
Nelle prime dieci università della classifica mondiale figurano solo istituti inglesi e americani. Il primo posto spetta nuovamente al Mit, Massachusetts Institute of Technology, cui seguono Harvard e Cambridge.
Complice la crisi economica che ha investito gli Stati Uniti, delle 83 università americane presenti tra le prime 400 ben 64 sono scese in classifica rispetto al 2007, anno antecedente alla crisi. Al contrario hanno guadagnato punti gli atenei asiatici che presentano 62 istituiti all’interno della top 400.
La migliore università orientale risulta essere la National University of Singapore, che si piazza al 24esimo posto.
Il presidente del Cun, il Consiglio Universitario Nazionale, Andrea Lenzi, ha sottolineato che “si tratta di un risultato positivo nonostante i tagli alle risorse che da anni colpiscono gli atenei italiani che, sebbene l’apparente scarsa attenzione dedicata alla innovazione ed alla alta formazione da parte della politica, ha mantenuto ed addirittura migliorato le sue perfomance in questa lista di ranking. D’altra parte anche nei recenti dati della VQR, gestita dall’Anvur, la valutazione del confronto internazionale della università italiana aveva dimostrato l’ottimo risultato della nostra ricerca nei campi tecnologici e bio-medici.
In tempi recenti sembra che finalmente il sistema paese e la politica si siano resi conto che senza ricerca, innovazione e cultura non si può avere sviluppo. Le più recenti normative per il rientro dei cervelli dall’estero, ma anche quelle per favorire un rapporto virtuoso fra università e impresa con norme che favoriscono i dottorati di ricerca misti pubblico-privato nei campi tecnologici e progettualità nel settore dei beni culturali, ci potranno finalmente consentire di avere anche quella organizzazione indispensabile per competere sui grandi finanziamenti e progetti europei ed internazionali”.
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