La via diplomatica nella crisi siriana
L’azione militare in Siria resta un’ipotesi, ma l’intenzione – ora – è quella di seguire la via diplomatica intrapresa da Mosca (abile a fare sua la proposta sul controllo internazionale delle armi chimiche di Assad già di John Kerry, segretario di Stato Usa, condivisa a Londra qualche giorno fa con il collega britannico William Hague). Damasco si è infatti detta disponibile ad assecondare le richieste russe volte a scoraggiare così l’intraprendenza dell’amministrazione Obama. Il presidente degli Stati Uniti, durante il discorso alla nazione di martedì sera, ha di fatto congelato il voto del Congresso (che avrebbe dovuto dare il via libera o respingere l’inizio di un intervento contro il regime siriano) e ha preso tempo in attesa di capire quali siano le reali volontà di Damasco. Ma la guerra di nervi prosegue, almeno all’interno del Palazzo di Vetro, dove gli Stati Uniti sono al lavoro per convincere Russia e Cina dell’opportunità di un raid, qualora si rendesse necessario. Tanto che Washington confida nella postilla “azione militare” (il fronte interventista è composto da Usa-Gran Bretagna-Francia) da inserire nella risoluzione Onu che vincola la Siria alla collaborazione sul fronte delle armi chimiche.
Che a parole ci sia da parte del regime l’intenzione di collaborare lo dimostrerebbe l’apertura del ministro degli Esteri siriano, Walid al-Moallem, alla possibilità di aderire alla Convenzione che proibisce il ricorso alle armi chimiche, peraltro presenti nel territorio come ammesso dal regime stesso. Intanto nel rapporto stilato dagli ispettori Onu si fa riferimento all’escalation di violenze avvenuta in Siria su entrambi i fronti, forze lealiste e ribelli. “Gli autori di queste violazioni e di questi crimini, da entrambe le parti, agiscono in aperta sfida al diritto internazionale e non temono di dover rendere conto, è imperativo che vengano denunciati a un organismo giudicante”, si legge nel rapporto comprendente il periodo 15 maggio-15 luglio.
Lo slittamento del voto del Congresso può avere risvolti positivi per l’amministrazione Usa, se non al altro al cospetto dell’opinione pubblica. Secondo un recente sondaggio diffuso dalla Cnn, solo il 47% dei cittadini statunitensi si dice favorevole ad un intervento militare in Siria.
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