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Il “Manifesto per la verità” di Edward Snowden

di Fabio Germani

edward_snowdenIl Manifesto per la verità che Edward Snowden ha pubblicato sul settimanale tedesco Der Spiegel è la prova provata di come il Datagate (dal suo punto di vista) esuli da una mera questione di privacy violata, dibattito peraltro già affrontato in passato. Snowden non intende farsi portavoce di una sua verità rivelata al mondo, bensì di un metodo che ora va rimodellato a tutela degli individui. Scrive l’ex tecnico informatico della Booz Hallen Hamilton ed ex analista della Nsa che “invece di causare danni, l’utilità della nuova conoscenza per la società è molto chiara in quanto suggerisce una riforma alla supervisione della politica e delle leggi”. In pratica “l’esistenza delle tecnologia di spionaggio non dovrebbe determinare la politica. Abbiamo un dovere morale di assicurare che le nostre leggi e valori limitino i programmi di sorveglianza e proteggano i diritti umani”.
“I programmi di sorveglianza dei criminali da parte dei servizi segreti compromettono la privacy individuale, la libertà di opinione e le società”, è l’amara constatazione della gola profonda. Per il momento la Casa Bianca non pare intenzionata a concedere atti di clemenza nei riguardi di Snowden. Nel mese di giugno, a pochi giorni dall’inizio dello scandalo Datagate, il capo della National Security Agency (Nsa), Keith Alexander, aveva osservato come grazie al programma di spionaggio PRISM gli Stati Uniti fossero riusciti a scoprire – dall’11 settembre 2001 – cinquanta piani terroristici in 20 Paesi, molti dei quali progettati in Europa. Successivamente, a svelare alcuni degli attentati sventati, fu il vicedirettore dell’Fbi, Sean Joyce. Venne riferito, all’epoca, di un piano per attaccare il New York Stock Echange, sede della Borsa di New York: controllando un numero elevato di email inviate in Yemen fu scovato a Kansas City un estremista, tale Khalid Ouazzani. Nel 2009 fallì un atto terroristico alla metropolitana di New York con l’arresto di un cittadino statunitense (di origine afghana), Najibullah Zazi, intercettato in Colorado grazie alla sorveglianza di oltre 700 email e 200 registrazioni telefoniche.
Nel medesimo periodo un sondaggio di Usa Today/Pew rivelava che il 48% degli americani si dichiarava favorevole al programma di sorveglianza, mentre il 47% era contrario. L’equilibrio dell’opinione pubblica sul metodo di intercettazioni della Nsa si faceva in compenso più precario attorno alla figura di Edward Snowden. Secondo la rilevazione Reuters/Ipsos di giugno il 23% degli intervistati riteneva che l’ex analista informatico fosse un traditore, mentre il 31% lo aveva definito un patriota; il 46% non sapeva cosa rispondere al riguardo. Sulla legittimità o meno del programma di spionaggio il 45% esprimeva un parere favorevole nel rispetto di determinati limiti (solo il 6% si dichiarava del tutto d’accordo), mentre il 37% sosteneva l’esatto opposto, ovvero in totale discordanza con le intercettazioni su larga scala operate dall’agenzia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
Cosa è successo da allora? Che ad ogni nuova rivelazione il dibattito ha assunto nuove prospettive. Sono state organizzate manifestazioni contro il sistema di sorveglianza. Molti personaggi pubblici, attori più o meno noti, hanno denunciato il modus operandi della Nsa. L’amministrazione Usa ha tentato di mettere una toppa promettendo entro la fine dell’anno un approccio più morbido. Il segretario di Stato, John Kerry, ha ammesso che l’America ha forse esagerato nell’attività di intelligence (ma il generale Keith Alexander ha accusato a sua volta i diplomatici statunitensi di avere richiesto esplicitamente alla Nsa di spiare i leader mondiali). Circa 70 associazioni internazionali che lavorano per i diritti umani hanno invitato il premier britannico David Cameron – l’unico leader europeo ad avere mantenuto una posizione “neutra” rispetto al Datagate a causa dei programmi paralleli e complementari di spionaggio del Regno Unito – a cambiare rotta sul tema al fine di non danneggiare l’immagine del Paese. E ancora la scoperta (circostanza da non sottovalutare), secondo documenti forniti al solito da Edward Snowden e citati dal Guardian, sui servizi di Germania, Francia, Spagna e Svezia che avrebbero sviluppato cinque anni fa un programma di intercettazioni telefoniche e telematiche molto simile per metodologia a quello dell’Nsa.
Così fan tutti? Ecco che Snowden esorta i cittadini a lottare per la verità.

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