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Nuove professioni cercasi

Le parole d’ordine per il dipendente del futuro: innovativo, collaborativo e green
di Matteo Buttaroni

Schermata 2013-11-21 a 13.26.51Il mercato del lavoro è saturo e peggio va ai giovani. Ma una buona possibilità di trovare occupazione è quella di “crearla”, puntando a lavori diversi e innovativi. Magari lavori adatti più a giovani che a meno giovani e magari con mansioni abbastanza specifiche e talvolta sperimentali. La strada percorribile, infatti, potrebbe essere quella di puntare sul 2.0.
Uno dei settori più in voga è senza dubbio quello legato alla comunicazione e in particolare alla Rete. Anche le imprese lo sanno e non a caso sempre più aziende vanno alla ricerca di personalità professionali che incentrino il proprio lavoro sul tema della comunicazione aziendale.
Mobile Developer, UI/UX Designer, Mobile ADV Specialist, Inventory Manager, RTB Specialist: non sono parole a caso, ma “semplici” qualità professionali che operano nell’ambito di una comunicazione sempre al passo con la tecnologia mobile. Tablet, smartphone, connesisoni wi-fi e Lte hanno cambiato il modo di agire e di approcciare al lavoro. Mentre prima si cercava l’esperto pubblicitario in grado di coordinare suoni, immagini, parole con il solo scopo di colpire il consumatore, ora una delle figure più ricercate è quella del Mobile Developer, ovvero colui che si occupa di disegnare e implementare le app. L’esperto di marketing verrà sostituito dal Mobile ADV Specialist: stessi ruoli, ma applicati al mobile. La figura che un tempo girava per le strade alla ricerca di cartelloni pubblicitari con su scritto “spazio libero” verrà ora sostituita dagli l’Inventory Manager. Ma non crediate che questa sia una peculiarità dei soli lavori creativi. Quanto sia entrato il digitale nel processo produttivo delle mansioni tipicamente manuali lo dimostra il caso delle autofficine. Un lavoro che un tempo parlava quasi unicamente di bulloni, grasso, olio e componenti da cambiare, oggi parla più ampiamente di centraline elettriche, di errori nel sistema e di bug nei computer di bordo.
E così anche le vecchie botteghe meccaniche di una volta si sono – non senza qualche difficoltà – adeguate. Le parole d’ordine sono perciò cambiate: mentre prima l’espressione più in voga era “olio di gomito”, oggi lo è innovazione. Dunque olio di gomito, innovazione e, perché no, collaborazione. Già, perché il 35% degli imprenditori (dati Censis) ha cominciato a pensare all’eventualità che collaborare bene con i colleghi possa essere più produttivo che tentare di contrastarli. In poche parole: se non puoi combatterli, alleati a loro. Volendo creare invece il ritratto del lavoratore tipo, che potrebbe soddisfare le richieste delle aziende, ne uscirebbe un giovane con tanta voglia di imparare e mettere in pratica, aperto ed esperto di nuove tecnologie e disposto a collaborare piuttosto che a competere con i propri colleghi con l’unico scopo di rendersi utile all’azienda. A questo aggiungiamo un tocco “verde” e il dipendente perfetto è fatto. Verde nel senso che stia attento all’impatto ambientale che il suo lavoro possa avere. La green economy viene considerata ad oggi il veicolo per la ripresa, tanto che più di un’impresa su cinque ha scommesso su questo nuovo modo di “fare economia”. Risulta, stando alle cifre di Unioncamere e Fondazione Symbola, che sul piano nazionale si siano verificati notevoli segnali positivi grazie alla green economy: il 42% del totale delle assunzioni under 30 programmate quest’anno dalle imprese dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente verrà fatto proprio da quel 22% di aziende che fanno investimenti green. Non solo, guardando ai green jobs risulta che l’incidenza delle assunzioni a tempo indeterminato è del 52%, mentre scende al 40,5% per le figure non connesse al settore green.
Sono addirittura 328 mila le aziende italiane che dal 2008 hanno investito, o hanno intenzione di farlo, in tecnologie predisposte alla riduzione dell’impatto ambientale e al risparmio energetico. I cosiddetti green jobs copriranno addirittura il 61,2% di tutte le assunzioni nel campo dell’attività di ricerca e sviluppo.
Ma dove cercano le aziende questi uomini con il “pollice verde”, svegli, più che smanettoni delle nuove tecnologie e così collaborativi? Ovviamente su internet, secondo la Fondazione Obiettivo Lavoro. È infatti proprio in rete che il 40% delle aziende italiane cerca nuovi dipendenti. Un’altra fetta, il 32%, è occupata da quelle aziende che hanno intenzione di cominciare a farlo. Eppure, nonostante siano quantificabili in 38 milioni gli internauti in Italia, solo poco più di uno su nove è iscritto a piattaforme specializzate alla reperibilità d nuove risorse come Linkedin.

Questo articolo è stato pubblicato sul N. 5 di T-Mag del 15 novembre 2013

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