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Essere disabili in Italia

di Fabio Germani

disabili_lavoroPartiamo dagli investimenti. La spesa per la protezione sociale (quella cioè destinata alla previdenza, alla sanità e all’assistenza) sfiora in Italia il 30% del Pil e il totale per abitante supera i 7.700 euro l’anno. Nello specifico la spesa sanitaria pubblica complessiva dell’Italia ammonta a circa 112 miliardi di euro (il periodo di riferimento è il 2011), pari al 7,1 per cento del Pil e a 1.842 euro annui per abitante.
In questi giorni si parla molto delle proteste dei malati di Sla davanti al ministero dell’Economia. Lamentano la mancanza di fondi per l’assistenza domiciliare, un metodo – spiegano peraltro i rappresentanti del Comitato 16 novembre onlus – che permetterebbe allo Stato di risparmiare diversi quattrini, assicurando però alle casse del Fondo di non autosufficienza una somma adeguata (servirebbero almeno 600 milioni di euro, fanno sapere). Il governo, ha reso noto il premier Enrico Letta, presenterà un emendamento alla Legge di Stabilità per ripristinare le risorse sanitarie necessarie alla cura dei malati di Sclerosi laterale amiotrofica. E questo è un caso che interessa i disabili gravi. In generale nel 2010, così come informa l’Istat, i Comuni italiani hanno destinato agli interventi e ai servizi sociali sette miliardi e 127 milioni di euro, un valore pari allo 0,46% del Pil. “Nel confronto con l’anno precedente – veniva osservato a tale proposito – la spesa sociale gestita a livello locale è aumentata dello 0,7%, facendo registrare una discontinuità rispetto alla precedente dinamica di crescita: infatti, nel periodo compreso fra il 2003 e il 2009 l’incremento medio annuo è stato del 6%”.
Problemi di salute e disabilità sono inoltre un ostacolo per l’inserimento nel mercato del lavoro. Sempre spulciando i dati Istat, si scopre che nel secondo trimestre del 2011 era di sei milioni e 556 mila persone tra i 15 e i 64 anni (il 16,5% della popolazione compresa in questa fascia di età) il numero di persone che dichiara di avere una o più malattie croniche o problemi di salute di lunga durata o di avere difficoltà funzionali. Oltre il 50% di chi soffre di più di un problema di salute o di difficoltà funzionali è professionalmente inattivo. La quota scende tra quanti presentano un solo problema o difficoltà (39,9%) o nessun problema (35,5%). Tuttavia La legislazione italiana con la legge 68/99 ha introdotto la metodologia di collocamento mirato, che inserisce la persona secondo il posto di lavoro ritenuto più appropriato, sostenendolo con incentivi e facilitazioni. Quali le ripercussioni in termini occupazionali?
“Nel comparto privato – si legge nel documento del Programma d’azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità – sulla quota di riserva di 228.709 risultavano 48.375 posti disponibili nel 2010 e sulla quota di riserva di 143.532 risultavano 28.784 posti disponibili nel 2011. Nel comparto pubblico erano 74.741 i posti riservati nel 2010, che sono scesi a 34.165 nel 2011. A diminuzione della quota di riserva di quasi 40.576 posti, (condizionata da una riduzione delle informazioni da parte delle regioni del Sud per i dati 2011), è corrisposto un numero di scoperture proporzionale: 13.863 posti disponibili nel 2010 e 8.591 nel 2011. Nell’ultimo anno considerato, dunque, il numero di posti riservati (nel comparto pubblico e privato) ma non occupati da persone con disabilità era di oltre 37.375, pari ad un tasso di scopertura del 21%. Per le donne con disabilità permane la discriminazione di genere, essendo occupate solo quattro donne su 10 lavoratori con disabilità. In concomitanza con la crisi economica, si è rilevato un elevato numero di sospensioni temporanee dall’obbligo di assunzione autorizzate per il 2011 (pari a 3.789 pratiche, che interessano 7.232 persone con disabilità), mentre è un dato poco confortante l’incremento negli ultimi anni dei contratti a tempo determinato rispetto a quelli a tempo indeterminato”.
Quello dell’inclusione sociale non è un tema da sottovalutare in ogni caso, fin dalla tenera età. Basti un dato: secondo l’ultimo rapporto Unicef, circa 93 milioni di bambini (1 su 20 tra quelli al di sotto dei 14 anni) convivono con una disabilità moderata o grave. E spesso accade che i bambini con disabilità – scrive l’Unicef – siano “i più trascurati”.

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