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Il censimento delle imprese

imprese_fatturatoTra il 2001 e il 2011 il sistema delle imprese italiane “ha mantenuto una connotazione fortemente incentrata sulla piccola dimensione aziendale”, “familiare” e che sfruttano “appieno” le potenzialità offerte da internet. Questo è quanto si apprende dalla lettura del nono Censimento generale dell’Industria e dei Servizi condotto dall’Istat. Nel 2011 risultavano attive circa 4,4 milioni di imprese, con 16,4 milioni di addetti. In crescita rispetto a quanto rilevato nel 2001: nel corso di dieci anni, è stato registrato un aumento di 340 mila imprese (+8,4%) e di circa 700 mila addetti (+4,5%).
Ad una crescita media nazionale del 4,5% del numero degli occupati, corrisponde una crescita maggiore nelle Isole (+12,7%), nel Sud (+9,8%) e nel Centro (+7,2%). Il Nord-est presenta una crescita decisamente minore rispetto alla media nazionale (+4%), mentre il Nord-ovest registra “una lieve flessione occupazionale” pari allo 0,1%. Permane “la connotazione familiare” delle imprese italiane, connotazione che “coinvolge l’intero sistema”. Stando ai dati raccolti dall’Istat, nel 94,8% delle imprese, che impiegano dai tre ai nove addetti (le cosiddette “microimprese”), il socio principale è una persona fisica nel 94,8%, nell’83,9% delle “piccole imprese” (10-49 addetti), nel 54,2% delle “medie” (50-249 addetti). Resta elevata (25,3%) anche nelle grandi (250 addetti e oltre).
“Il titolo di studio prevalente tra gli imprenditori – rileva nel suo censimento l’Istat – è il diploma di scuola media superiore (44%) seguito dalla licenza media (34%); la quota di persone con studi universitari (laurea e post laurea, 14,8%) è comunque superiore a quella dei meno istruiti (con nessun titolo di studio o licenza elementare, 7,2%)”.
Le microimprese, rileva l’Istat, non sfruttano “appieno” l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. E così il 77% delle imprese tra i tre e nove addetti dispone di una connessione internet. Il 65,7% utilizza un collegamento in banda larga ed il 16,5% una connessione mobile. L’utilizzo di internet risulta poco diffuso tra le imprese italiane, molte delle quali (il 42,2%) lo reputa “non necessario o inutile per l’attività che svolge”. Le microimprese utilizzano internet soprattutto per i servizi bancari e finanziari (62,8%) o per ottenere informazioni (42,1%), ma anche per svolgere procedure amministrative interamente per via elettronica (26,9%). Discorso leggermente diverso per il commercio elettronico, utilizzato dal 25,1% delle micro imprese. “L’opportunità di vendere on line è sfruttata soltanto dal 5,1%, mentre il 23,4% acquista sul web”.
Al termine dell’indagine, l’Istat è riuscita nel dividere in cinque diversi gruppi le imprese italiane: le “conservatrici”, le “dinamiche tascabili”, le “aperte”, le “innovative”, “internazionalizzate spinte”.
Le “conservatrici” sono il gruppo più numeroso (quasi il 64% delle imprese) con 670 mila unità, con un’occupazione di quasi sei milioni di addetti. “Relativamente più presenti nei servizi diversi dal commercio e delle costruzioni”. Le “conservatrici” hanno un profilo strategico semplice (poche strategie e per lo più difensive), con bassa propensione all’innovazione (innova circa il 20% delle imprese) e sono rivolte soprattutto ai mercati locali (circa il 67%).
Le “dinamiche tascabili” rappresentano poco meno del 20% delle imprese (circa 205 mila unità, con 2,6 milioni di addetti), con un profilo settoriale simile a quello medio e una dimensione di poco inferiore ai 13 addetti per impresa. Pur essendo ancora “prevalentemente” legate al mercato locale, hanno un profilo strategico articolato che punta molto su diversificazione produttiva e nuovi prodotti, esprimono un’elevata propensione innovativa (52%).
Le “aperte” sono “poco più del 7%” delle imprese (con 75 mila unità e 1,7 milioni di addetti e una dimensione media di 22,9 addetti per impresa). Le “aperte” sono caratterizzate da una presenza piuttosto elevata di imprese industriali (il 42,7%), da un’elevata internazionalizzazione (quasi il 70% opera sul mercato estero), dall’apertura verso nuovi mercati (circa una su due) e dalla capacità di attivare relazioni con altre imprese (100%), e da una forte propensione innovativa (59,1%). In questo raggruppamento sono molto presenti imprese del Nord-ovest (il 38,1%) e del Nord-est (28,5%).
Ci sono poi le “innovative” (74 mila imprese, ovvero il 7%) che impiegano 1,5 milioni di addetti e mostrano una dimensione media di 19,8 addetti per impresa. “Queste imprese – rileva l’Istat -hanno un forte orientamento al mercato domestico, alla competitività di prezzo e alla qualità del prodotto”. Infine, le “internazionalizzate spinte”, che rappresentano “solo” il 2,6% delle imprese (27mila unità) e impiegano 1,1 milioni di addetti, per una dimensione media di 39,5 addetti.

 

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