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Le larghe intese ora sono strette

di Fabio Germani

letta_alfanoMentre ci si interroga sugli scenari futuri, dopo che il Senato ha votato per la decadenza di Silvio Berlusconi, la prima osservazione – quella più immediata – è che ora la maggioranza di governo dovrà fare a meno dei parlamentari di Forza Italia, usciti dalla Grande Coalizione già martedì alla vigilia del pronunciamento dell’Aula di Palazzo Madama. L’esito scontato della votazione del 27 novembre da un lato e le condizioni di sostegno all’esecutivo Letta che – a detta degli esponenti di Fi – erano venute meno dall’altro, hanno anticipato di qualche ora uno strappo che ad ottobre, nel giorno della fiducia al governo, era stato solo rinviato. Ora lo sport preferito di analisti e commentatori sarà comprendere gli sviluppi immediati nel centrodestra, osservando il peso che Berlusconi saprà esercitare in qualità di leader extraparlamentare (un po’ come Grillo fa da tempo e un po’ come potrebbe fare a breve, in caso di vittoria alle primarie del Pd, Matteo Renzi). Circostanza che farebbe sorgere, per così dire, una nuova anomalia della nostra politica. Meno anomalo, se messo a confronto con il resto d’Europa, è il percorso che ha portato l’Italia ad assumere un governo di larghe intese, per quanto adesso si siano ristrette, e di molto anche.
Le larghe intese tanto vituperate in casa (anni di aspri scontri politici di certo non aiutano) sono state, invece, quasi una costante per molti dei nostri vicini europei. Ne sa qualcosa Angela Merkel, la quale, nonostante l’ampia vittoria ottenuta il 22 settembre (41,5% delle preferenze), si è vista costretta ad avviare una serie di trattative con la Spd in vista di un remake di Grosse Koaliton. Una realtà, quest’ultima, che comprende pure l’Austria, dove i socialisti della Spo e i popolari della Ovp hanno sì perso voti alle ultime elezioni (circa il 2,2%), ma hanno comunque conservato la maggioranza dei seggi nel Nationalrat a fronte, soprattutto, dell’avanzata del partito di destra Fpo. Dunque: in Europa larghe intese per necessità e in nome della stabilità.
Per la Merkel si tratta della seconda volta. Già nel 2005, infatti, le strade dei “rivali” Cdu/Csu e Spd si unirono e oggi la Germania è l’economia trainante dell’Ue. In Gran Bretagna, alle elezioni del 2010, soltanto l’accordo tra i conservatori di David Cameron e i liberaldemocratici di Nick Clegg permise loro di sbloccare lo stallo post voto dell’hung parliament. Una condizione questa, se proprio dobbiamo azzardare un paragone, più simile a quanto accaduto in Italia subito dopo le elezioni del 24 e 25 febbraio, quando l’assenza di una maggioranza certa ha costretto l’allora segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, a rinunciare all’incarico di formare il governo. A seguire la rielezione di Giorgio Napolitano al Quirinale in cambio di un esecutivo di larghe intese a guida Enrico Letta. Con gli sviluppi che sappiamo, fino allo strappo di Alfano con una parte del Pdl e alla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore della Repubblica.

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