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Il dilemma della sperimentazione animale

di Mirko Spadoni

sperimentazione_animaleIl dibattito è serrato. Perché troppo divergenti sono i punti di vista dell’opinione pubblica sulla sperimentazione animale. Ogniqualvolta se ne è parlato (o discusso, se preferite), le posizioni delle parti coinvolte sono infatti rimaste distanti. Emblematico, il caso nato attorno alla vicenda di Caterina Simonsen, ragazza padovana affetta da quattro malattie rare, che sul finire di dicembre ha postato su Facebook alcune sue fotografie. In una di queste, la giovane espone un cartello con su scritto: “Ho 25 anni grazie alla vera ricerca, che include la sperimentazione animale. Senza la ricerca sarei morta a 9 anni. Mi avete regalato un futuro”. La foto ha fatto il giro del web, rapidamente. C’è chi si è detto d’accordo e chi no, ma c’è stato anche chi – tra quelli contrari alla sperimentazione – si è purtroppo spinto oltre, fino agli insulti e alle minacce di morte.
“Purtroppo – ha ammesso il 14 gennaio il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin – la sperimentazione sugli animali è ancora indispensabile, anche se – ha spiegato nel messaggio di saluto inviato al convegno Sperimentazione animale e diritto alla conoscenza e alla salute – vogliamo dimostrare a tutti che viene effettuata solo quando è necessaria e con rispetto per gli animali”. Nel corso del convegno, organizzato dalle senatrici Elena Cattaneo ed Emilia Grazia De Biasi, presidente della commissione Igiene e sanità del Senato, si è discusso a lungo.
Il giorno prima, il 13 gennaio, a Montecitorio si era svolto un altro incontro: La ricerca scientifica senza animali per il nostro diritto alla salute, organizzato dalla Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente. “La sperimentazione sugli animali – denunciava Michela Vittoria Brambilla, fra i promotori dell’evento – è solo un enorme business, mentre è dannosa e fuorviante per la nostra salute”. In Italia, però, la sperimentazione animale è possibile e regolata da una legislazione precisa. A partire dal 1992, l’Italia ha adottato un ordinamento più severo (decreto legislativo 116/92), imponendo il suo utilizzo solo quando strettamente necessario. Lo scopo: proteggere le cavie da procedure eccessivamente dolorose e debilitanti. Cosa prevede la legge? Tutti i progetti di ricerca con impiego di vertebrati devono essere resi noti al ministero della Salute e devono – assolutamente – certificare l’assenza di alternative all’uso di animali. E’ poi necessario dimostrare che le procedure sperimentali scelte saranno quelle che causano meno sofferenza possibile all’animale, non è possibile – ad esempio – condurre esperimenti senza anestesia e la vivisezione. Qualora il test si rendesse indispensabile, si favorisce l’impiego di animali con il minor sviluppo neurologico, mentre è vietato l’utilizzo in laboratorio di animali randagi.
Questo è il quadro normativo vigente, a cui nel novembre del 2010 si è affiancata direttiva europea 2010/63, che promuove lo sviluppo e la convalida di metodi alternativi, come le simulazioni al computer o i test su cellule. E il cui principio guida della direttiva si può sintetizzare così come quello delle 3R: “Replacement, Reduction and Refinement”, ovvero “sostituzione, riduzione e perfezionamento” nell’uso degli animali negli esperimenti scientifici. Ma qualcosa potrebbe cambiare, nei giorni scorsi è stata infatti avviata, in Commissione Affari sociali della Camera, la discussione dello schema di decreto legislativo per l’attuazione della direttiva europea che regolamenta i test sugli animali, ma la formulazione del parere avverrà solo dopo che si sarà espressa, in merito, la Conferenza Stato-Regioni. Nel recepire la normativa europea, l’Italia ha infatti violato un articolo, introducendo norme molto più restrittive, che – una volta diventate legge – vieterebbero di utilizzare gli animali per gli xenotrapianti, ovvero i trapianti di cellule o organi da una specie all’altra, fino a oggi fondamentali per la ricerca sugli organi artificiali e per la lotta contro i tumori. Verrebbero interrotti anche gli studi sulle sostanze da abuso, che permettono di conoscere gli effetti delle droghe in circolazione. Tra gli emendamenti vi è anche quello sul divieto di allevare cani, gatti e primati destinati alla sperimentazione sul territorio nazionale. “Non c’è nessuna persecuzione nei confronti degli animali”, ha detto il presidente della Commissione Sanità del Senato, Maria Grazia De Biase, commentando la direttiva Ue. “E’ una menzogna che si tratti di una legge per la vivisezione”, ha ribadito. Detto questo, sorge spontanea una domanda: qual è il parere degli italiani in merito? Sono o meno favorevoli alla sperimentazione animale? Una curiosità alla quale ha trovato risposta un’indagine Ipsos Le opinioni degli italiani sulla sperimentazione animale, condotta tra il 7 e l’8 di gennaio. Un italiano su sei (il 61%) ritiene “necessaria la sperimentazione sugli animali per il progresso della medicina”. Aumenta così del 10%, sottolinea chi ha condotto la ricerca, la percentuale di chi giudica “necessaria” la sperimentazione sugli animali rispetto alla rilevazione condotta nel luglio del 2011. Leggendo i dati raccolti nel corso dello studio, che ha coinvolto 1.000 italiani dai 18 anni in su, emergono informazioni interessanti. Quasi un italiano su due (il 49%) “definisce accettabile effettuare test scientifici sugli animali per testare medicinali destinati alla cura degli esseri umani”. La posizione cambia radicalmente nel momento in cui agli intervistati è stato chiesto di giudicare “i test sugli animali per verificare la qualità dei prodotti cosmetici” (ben l’80% si è schierato contro) o di esprimersi “sull’utilizzo degli animali per rituali tradizionali, come ad esempio le corride o le macellazioni per motivi religiosi”, anche in questo caso specifico, l’82% del campione ha giudicato “per niente accettabile” tale pratica. Piccolo inciso: l’Europa vieta severamente la sperimentazione di prodotti cosmetici sugli animali (direttiva 2003/15/CE, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 50/2005, che modifica la Legge 713/86).

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