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Il lavoro al centro dell’agenda politica

di Fabio Germani

giuliano_polettiCon l’Istat che stima oltre un milione di famiglie senza reddito da lavoro, emerge ancora più chiaramente l’importanza di un rapido intervento in materia per quanto sia difficile risolvere tutto in quattro e quattr’otto. L’unico aspetto positivo, per il momento almeno, è che il lavoro torna al centro dell’agenda politica. Comincia martedì, infatti, la discussione alla Camera sul decreto Poletti. Tanti gli aspetti da valutare dopo le modifiche avvenute in Commissione, a partire dai contratti a tempo determinato che potranno essere prorogati al massimo cinque volte rispetto alle otto previste all’inizio dal governo nell’arco dei 36 mesi. Cambiamento che ad esempio non convince tanto il Nuovo Centrodestra quanto Scelta Civica che ritengono in questo modo snaturato l’impianto licenziato dall’esecutivo Renzi.
Il problema resta in ogni caso, e al di là delle formule proposte i dati sulla disoccupazione o sulle difficoltà economiche delle famiglie contengono sempre molteplici chiavi di letture. Il numero dei nuclei familiari senza reddito da lavoro, comunque alto, è con ogni probabilità “nascosto” dal sommerso che non rientra nelle statistiche ufficiali, ma il cui impatto secondo l’Istat ha coinvolto nel 2011 il 12% delle unità di lavoro complessive. Altro aspetto da non sottovalutare è la diseguaglianza nella distribuzione del reddito, più accentuata nel Mezzogiorno e sintomatica spesso di una domanda di lavoro quasi mai di qualità. Poi c’è, al solito, il dilemma della disoccupazione di lunga durata (cioè di chi non trova lavoro da almeno 12 mesi) che nel 2012 ha avuto un’incidenza pari al 52,5% rispetto al 51,3 dell’anno precedente. Una dinamica che generalmente interessa le donne più degli uomini.
In principio il jobs act prevedeva un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti. Allo stato si sta tentando di rafforzare l’apprendistato, già “fiore all’occhiello” della riforma Fornero. L’impianto uscito dalla Commissione prevede che l’apprendistato pubblico torni obbligatorio, ma l’offerta dovrà essere garantita dalle Regioni entro 45 giorni. Le aziende con più di 30 dipendenti dovranno assumere almeno il 20% degli apprendisti al termine del periodo formativo e prima di stipulare nuovi contratti della stessa tipologia (la stabilizzazione obbligatoria del 30% degli apprendisti voluta dal governo Monti era stata cancellata dal dl Poletti).
Intanto, stando all’analisi del Centro studi Unimpresa gli 80 euro in più in busta paga per coloro che guadagnano tra 8.000 e 24.000 euro lordi non aiuteranno la ripresa. La misura, ha però garantito il premier Matteo Renzi qualche giorno fa, sarà strutturale e non “una tantum”.

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