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La delicata situazione in Iraq

di Mirko Spadoni

NouriIl presidente degli Stati Uniti Barack Obama non è restato a guardare. Di fronte alla crescente violenza dello Stato islamico e alla rapida espansione dei territori controllati da quest’ultimo (a proposito: negli ultimi giorni l’IS ha conquistato 15 cittadine e villaggi iracheni, oltre alla grande diga di 35 chilometri a nord di Mosul, sul Tigri, da cui dipende l’irrigazione nella piana di Ninive), la Casa Bianca ha così autorizzato operazioni militari in Iraq, le prime dal ritiro delle truppe dal Paese nel 2011. Oltre ad attaccare le postazioni dello Stato islamico, gli Stati Uniti cercano di garantire aiuti umanitari alle 40.000 persone (molte delle quali yazidi, una minoranza religiosa), arroccate sulla montagna di Sinjar perché minacciate dalla violenza jihadista.
Dei circa 40 mila yazidi presenti in Iraq, 20 mila sono riusciti a mettersi in salvo attraverso il confine tra Iraq e Siria, secondo quanto riferito dal portavoce del governo locale della città siriana di Qamishli, Juan Mohammed. Molti altri hanno avuto la peggio. Secondo il ministro per i Diritti umani iracheno Mohammed Shia al Sudani, solo nelle ultime ore, “almeno 500 yazidi, inclusi donne e bambini” sarebbero stati già uccisi con estrema violenza dai militanti dello Stato islamico, che tuttavia non sono nuovi a situazioni di questo genere.

La violenza dello Stato islamico
Solo nel 2013, gli attacchi attribuiti al gruppo del neo-nominato califfo sono stati 419, l’anno prima erano stati 603. Mentre nel 2011 soltanto 34 (Dati Global Terrorism Database e National Consortium for the Study of Terrorism and Responses to Terrorism dell’Università del Maryland).
Le operazioni militari statunitensi, che proseguiranno per un tempo imprecisato (“Il problema non sarà risolto in settimane, non c’è un programma per la fine della missione”, ha affermato Obama), non sembrano preoccupare i militanti jihadisti: “Non siate vigliacchi, attaccandoci con i droni – ha affermato Abu Musa, portavoce dello Stato islamico, nel corso di un video-reportage realizzato da Vice – mandate i vostri soldati invece, quelli che abbiamo umiliato in Iraq. Lo faremo ovunque e alzeremo la bandiera di Allah sulla Casa Bianca”. Eppure la violenza dei fondamentalisti islamici potrebbe non essere l’unico elemento destabilizzante della già fragile situazione irachena.

Nuri al Maliki: “Il presidente Masum ha violato la Costituzione”
La Corte federale ha riconosciuto – come legittimo – il risultato delle elezioni del 30 aprile scorso, vinte dal partito del premier Nuri al Maliki: lo Stato del Diritto. Il primo ministro si era appellato ai giudici contro i ritardi del presidente Fuad Masum, colpevole – a suo dire – di aver violato la Costituzione non conferendogli l’incarico di formare il nuovo esecutivo.
“Il presidente della Repubblica – ha affermato il primo ministro nel corso di un suo intervento in televisione – ha violato due volte la Costituzione: quando ha prolungato il periodo utile per dichiarare il partito vincente, che scadeva giovedì, e quando ha mancato deliberatamente di conferire l’incarico al leader dello Stato del Diritto”. Poco prima del discorso di al Maliki (attorno alle ore 20 e 30 ora italiana), un numero imprecisato di membri di forze dell’ordine, dell’esercito e dei reparti anti-terrorismo era stato dispiegato nelle zone strategiche di Baghdad. In particolare intorno alla ‘Zona Verde’, dove hanno sede le principali istituzioni irachene. “Misure inusuali e che somigliano a quelle imposte per uno stato di emergenza”, ha commentato un responsabile della polizia. Scelte che gli Stati Uniti non hanno apprezzato. “Noi – ha ribadito il segretario di Stato John Kerry – sosteniamo fermamente il presidente Masum, che ha la responsabilità di garantire la Costituzione. Auspichiamo – ha concluso Kerry – che al Maliki non causi problemi”. Forte di questo sostegno, il presidente Fuad Masum ha poi deciso di conferire l’incarico di formare un nuovo esecutivo a Haidar al Abadi, portavoce del partito di al Maliki. “Il Paese – ha detto Masum a quest’ultimo – è nelle tue mani”.

 

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