Il diario del Festival di Venezia/2
Sul lido sventola la bandiera a stelle e strisce, infatti mentre ci si prepara al’ incoronazione con il Leone d’oro alla carriera il maestro del documentario americano Frederick Wiseman, sugli schermi del lido sono comparsi il nuovo e il passato del cinema statunitense, da Andrew Garfield a Peter Bogdanovich.
Partiamo proprio dal grande vecchio della commedia, che fuori concorso, presenta She’s funny that way; graditissimo ritorno all’attività visto che Bogdanovich, a parte qualche cammeo televisivo, era assente dal grande schermo da più di dieci anni. Il film è una vivace commedia sul mondo del teatro e del cinema ricca di brio e humour. Il maestro snocciola gli incastri e le scene come in un perfetto meccanismo dove si incastonano alla perfezioni gli eventi e le battute a dimostrare che il cinema americano quando vuole riesce ancora a ruggire. Gli amanti del cinema poi si delizieranno tra citazioni e inaspettate, ma travolgenti, comparsate.
Spostandosi alla sezione del concorso si rimane sempre nel continente nordamericano, ma cambiano atmosfere, luoghi e genere. Siamo lontanissimi dalla scintillante Broadway, in un Orlando assolata e fragile, nel pieno della crisi dei mutui subprime. Dove sciacalli in giacca e cravatta si arricchiscono approfittando dell’ingenuità della working Class. Il film, 99 homes di Ramin Bahrani, racconta la discesa morale e l’ascesa nel mondo del business immobiliare di un giovane operaio (Andrew Garfield) e del suo cinico boss (Michael Shannon). Solido film con un buon ritmo e discrete interpretazioni, anche si bisogna riconoscere una indigesta e scontata vena moralizzatrice che pervade il film con tanto di inopportuno finale.
Sempre in concorso è passato il primo film italiano della sezione Anime nere di Francesco Munzi. In una Amsterdam cupa e glaciale o in un Aspromonte arido e distante affiora una koinè linguistica che mischia il dialetto calabrese, all’italiano o lo spagnolo. Una storia di ‘ ndrangheta lontana dagli stereotipi dei gangster del nostro meridione, che porta lo spettatore a confrontarsi con una realtà scomoda italiana attraverso i canoni del cinema di genere reinterpretati con una chiave autoriale, lambendo una percezione documentaristica della vicenda.
Infine chiudiamo con un altra opera in concorso Ghessea (Tales) di Rakshan Bani-Etemad, che dimostra tutta la vitalità del cinema iraniano contemporaneo. Il film è uno squarcio sulla Teheran di oggi attraverso le vicende, gli ostacoli e le occasioni che la vita pone a i personaggi del film. Uomini e donne di estrazioni sociali diverse alla ricerca del proprio ruolo in un paese in costante bilico tra cambiamento e immobilità.
Lasciamo questa giornata festivaliera in trepidante attese delle proiezioni del week end che si prospetta il più interessante con grandi star (Al Pacino), registi di chiara fama alle prese con temi scottanti (Fatih Akin) e poeti immortali ( Mario Martone e la sua versione di Leopardi).