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I ritardi della sanità in Italia

sanitàGli italiani attendono a lungo prima di accedere ai servizi sanitari. Questo è quanto emerge dalla 17esima edizione del Rapporto PIT Salute (Sanità) in cerca di cura, presentato dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, secondo cui per un intervento all’ernia del disco occorrono due anni di attesa. Per una visita psichiatrica bisogna aspettare 20 mesi, 14 invece per una mammografia. Tempi di attesa lunghi anche per una colonscopia e un ecodoppler (10 mesi), per una risonanza magnetica, un ecocardiogramma e una visita oculistica (9 mesi). Un’ecografia richiede invece ‘soltanto’ 8 mesi. Prima di potersi sottoporre ad una visita cardiologia o ad un controllo oncologico, gli italiani devono attendere – rispettivamente – 7 e 6 mesi.
I tempi di attesa, eccessivamente lunghi a causa delle liste d’attesa (nel 58% dei casi) e del peso dei ticket nel 31,4% dei casi (+21% rispetto al 2012), non sono tuttavia l’unico motivo di malcontento tra i fruitori del servizio sanitario nazionale. L’operato dei medici di base e dei pediatri di libera scelta non soddisfa del tutto i pazienti, che molto spesso si vedono negare una visita a domicilio o una prescrizione. Il 20,3% (+6,7%) delle segnalazioni è invece legato alla riabilitazione, giudicata inadeguata a causa dei disagi dovuti alla mancanza o alla scarsa qualità dei servizi ospedalieri così come alle difficoltà che bisogna affrontare/superare prima di attivare quella a domicilio.
Si riducono invece le segnalazioni dei casi di presunta malasanità. Un aspetto positivo, eppure dovuto – secondo il Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanza attiva – alle difficoltà di accesso ai servizi sanitari. In pratica: meno pazienti vi ricorrono, meno possibilità di malasanità possono verificarsi.
Aumentano tuttavia i presunti casi di malasanità dovuti ad errori terapeutici e diagnostici (66%, +9 rispetto al 2012). Mentre calano quelli riconducibili alle condizioni delle strutture (16%, -7%) o alle disattenzioni del personale sanitario (10,4%, -2,1%). Discorso inverso per le infezioni in ospedale e da sangue infetto, in aumento del 3,8%% rispetto a quanto rilevato nel 2012. In ambito terapeutico, i presunti errori riguardano in particolare l’area ortopedica (33,4%, +1,3%) e la chirurgia generale (16,8%, +5,6%); in ambito diagnostico, l’area oncologica (25,6%, -1,7%) e l’ortopedia (19,4%, +5,1%).
I costi medi sostenuti in un anno da una famiglia, si apprende ancora dal rapporto, ammontano a 650 euro per farmaci necessari e non rimborsati dal servizio sanitario, 901 euro per parafarmaci (gli integratori alimentari, ad esempio), 7.390 euro per strutture residenziali o semiresidenziali, 9.082 euro per l’eventuale badante, 1.070 euro per visite specialistiche e riabilitative, 537 euro per protesi e ausili, 737 euro per dispositivi medici monouso (immaginiamo pannoloni o cateteri).
“I cittadini hanno bisogno di un Servizio sanitario pubblico forte, che offra le risposte giuste al momento giusto e non aggravi la situazione difficile dei redditi familiari”, è la posizione espressa da Tonino Aceti, coordinatore del Tribunale per i diritti del malato. In definitiva la spending review si abbatte sulla qualità e la quantità dei servizi di riabilitazione offerti al cittadino. Nell’ambito dell’assistenza territoriale del Servizio sanitario nazionale nel 2013 è peggiorato in particolare l’area della riabilitazione, tanto a domicilio quanto nelle strutture di ricovero. Si tratta del 20% delle segnalazioni di difficoltà dei cittadini in questo settore, con un aumento di sette punti percentuali rispetto all’anno precedente.

 

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