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Le “third party ownership” nel calcio

di Mirko Spadoni

BlatterLa FIFA accontenterà Michel Platini, presidente della UEFA. Nell’ufficializzare la propria candidatura alla presidenza della FIFA, Joseph Blatter ha annunciato l’intenzione di abolire le Third Party Ownership (TPO). Una pratica piuttosto diffusa in Sudamerica e che permette ad un fondo d’investimento (o anche ad un singolo agente) di possedere una parte del cartellino di un giocatore con la speranza di ottenere una plusvalenza da un suo successivo trasferimento. Con le TPO “s’inibisce la volontà del calciatore di fronte a decisioni essenziali per il suo avvenire. Agenti e opachi investitori determinano patti e scelte”, aveva criticamente osservato Platini qualche tempo fa. “Il principio è stato adottato, ma non può entrare in vigore subito: serviranno tre o quattro anni”, ha precisato il segretario generale della FIFA Jerome Valcke. Un periodo di tempo evidentemente sufficiente per l’ex presidente della Football Association, Geoff Thompson, a cui spetta il compito di guidare un gruppo di lavoro che dovrà stabilire nuove regole per vietare le TPO, diffuse a tal punto da coinvolgere ben 1.100 giocatori in Europa, secondo uno studio condotto dalla KPMG Asesores per conto dell’European Club Association (Project TPO). Le TPO, il cui valore complessivo è di 1,1 miliardi di euro (il 5,7% del valore globale del mercato), sono maggiormente diffuse in Portogallo (i fondi d’investimento controllano infatti il 36% del mercato lusitano), in Spagna e in una manciata di Paesi dell’Europa Orientale (Bosnia, Croazia, Macedonia, Serbia, Albania, Bulgaria, Romania, Ungheria, Slovenia e Montenegro). In pratica: l’88% delle TPO europee è riconducibile a questi dodici Paesi.
Percentuali e cifre che non trovano riscontro in una ricerca commissionata dalla FIFA al Centre de Droit et d’Economie du Sport e pubblicata a giugno, secondo cui il valore delle TPO è stimabile attorno ai 360 milioni di dollari a livello globale. La rilevanza delle Third Party Ownership sarebbe irrilevante, quindi. Eppure le ragioni addotte dal presidente della UEFA, deciso ad imporne l’abolizione, sarebbero più che convincenti: l’art.18 bis delle FIFA Regulations on the Status and Transfer of Players vieta infatti il rapporto con terze parti. “Tuttavia – osservava Il Sole 24 Ore – raramente si arriva a dimostrare l’influenza o per meglio dire l’interferenza dei fondi nei rapporti atleti-club. E questo ha permesso alle TPO di diffondersi dal Sud America all’Europa”. Una pratica che ora la FIFA vuole abolire una volta per tutte. Con buona pace dei fondi d’investimento che negli ultimi anni avevano trovato il modo di arricchirsi, finanziando l’acquisto di giocatori altrimenti non alla portata delle casse dei club interessati. Qualche esempio? L’Atletico Madrid. Nel 2011, il club spagnolo aveva ottenuto risultati deludenti (settimo posto in Liga ed eliminazione ai quarti di finale dell’Europa League) e doveva far fronte a debiti con la Fiscalidad spagnola (215 milioni di euro) e con il personale (51,6 milioni). Una situazione difficile, attenuata solo in parte dai soldi incassati dalla cessione di alcuni giocatori (91 milioni), ma che non impedì all’Atletico di acquistare per 40 milioni di euro Radamel Falcao dal Porto. Un trasferimento possibile grazie al fondo Doyen Sport Investment che finanziò il 55% dell’operazione. Un intervento non del tutto disinteressato: nel 2013, il giocatore colombiano passò al Bayern Monaco per 60 milioni. Solo quindici dei quali spettarono al club di Madrid.

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