La necessaria riduzione dei comuni italiani
Il commissario alla Spending review Carlo Cottarelli e il sindaco di Torino Piero Fassino la pensano allo stesso modo. “Ottomila comuni sono troppi, bisognerebbe pensare ad una riduzione che renda più facile il coordinamento”, ha spiegato Cottarelli in audizione alla commissione sull’anagrafe tributaria nella giornata di mercoledì. Azzerare quelli con meno di 15 mila abitanti, arrivando così a non più di 2.500 comuni, è invece l’obiettivo del primo cittadino torinese e presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci).
La riduzione del numero – eccessivo, forse – dei comuni è stato un obiettivo perseguito a lungo e senza grande successo nel nostro Paese: i comuni sparsi per il territorio italiano sono ancora 8.052, secondo l’ultimo censimento Istat.
“Le prime misure di aggregazione – ha osservato Matteo Barbero su lavoce.info solo qualche giorno fa – risalgono alla legge 2248/1865. Successivamente, durante il periodo fascista, vennero adottati, dapprima il regio decreto legge 389/1927, che impose la fusione di oltre duemila enti (passati così da 9 mila a 7 mila, ndr) e successivamente il regio decreto 383/1934, ove fa la sua comparsa l’istituto della ‘riunione volontaria’ disposta su domanda dei podestà interessati, previo accordo che ne definisse le condizioni”.
Tentativi per ridurre il numero dei comuni sono stati fatti anche recentemente, prima con la legge 142/1990 e poi con il Dl 78/2010, che imponeva l’obbligo ai comuni più piccoli di gestire le funzioni fondamentali in forma associata. Eccezion fatta per i comuni capoluogo di provincia e i comuni con un numero di abitanti superiore a 100.000.
Nonostante le indicazioni e i suggerimenti del commissario alla Spending review, quello del sindaco di Torino è un obiettivo ambizioso. Per centrarlo occorrerebbe infatti coinvolgere anche i comuni di grandi dimensioni e puntare con maggior convinzione sulle fusioni, il cui numero è cresciuto molto negli ultimi anni: da dicembre 2013 al marzo 2014, sono state 26 e hanno interessato 61 comuni. Dal 1990 al 2013, furono soltanto nove. Un trend influenzato anche dagli incentivi finanziari, che tuttavia il Dl 90/2014 ha ridotto fino a stabilire un tetto massimo pari a 1,5 milioni di euro. Eppure secondo il commissario alla Spending review Carlo Cottarelli sarebbe necessario prevedere “un meccanismo premiale per i comuni che si mettono assieme”, favorendo così un processo che troverebbe il consenso del 50% degli italiani. Un italiano su due vorrebbe infatti che la Costituzione stabilisse un numero minimo di abitanti al di sotto del quale i Comuni dovrebbero essere accorpati, secondo i risultati della rilevazione online condotta dal governo qualche mese fa attraverso il ministero delle Riforme (Consultazione Pubblica sulle Riforme Costituzionali).
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