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Occupazione al di sotto della media Ue

di Mirko Spadoni

lavoro_disoccupazioneLe previsioni dell’ISTAT lasciano ben sperare: la fase di contrazione dell’economia italiana dovrebbe arrestarsi nei prossimi mesi. A preoccupare è invece lo stato di salute del mercato del lavoro, le cui “condizioni rimangono difficili”. Ma il crescente tasso di disoccupazione non è l’unico motivo di apprensione. Un resoconto sul mercato del lavoro non può infatti sottrarsi da un’attenta analisi su quanti hanno un’occupazione: in Italia, la percentuale di chi ha un impiego nella fascia d’età compresa tra i 16 e i 64 anni è rimasta “sostanzialmente stabile” da gennaio con un nuovo peggioramento ad ottobre (-0,2% su base mensile).
Quanto basta per suscitare ulteriori inquietudini in un Paese dove il tasso di occupazione tra i 15 e 64 anni era nel 2013 già al di sotto della media dell’Unione europea (55,6% contro il 64,1%), stando all’Annuario statistico italiano 2014 dell’ISTAT. Peggio di noi facevano soltanto Spagna, Grecia e Croazia.
Leggendo i dati dell’Istituto di statistica, emerge che nel corso del terzo trimestre del 2014 il numero degli occupati è tornato a crescere su base annua (+0,5% pari a 122.000 unità). Un incremento che, per quanto importante, va accolto con il giusto entusiasmo (dal 2008 al 2013, sono andati persi 984 mila posti di lavoro) e ha riguardato principalmente la componente femminile (+0,9%). E così, pur rimanendo molto elevato, si è ridotto il divario di genere nel tasso di occupazione tra 15 e 64 anni: il 65,4% degli uomini contro il 46,7% delle donne.
Una percentuale, quest’ultima, che sarebbe opportuno incrementare quanto prima. A trarne beneficio sarebbe infatti l’economia del Paese: qualche tempo fa, l’OCSE quantificò il mancato contributo delle donne al ciclo produttivo nella perdita di un punto percentuale del Prodotto interno lordo. Per quello che sarebbe un incremento non indifferente in un periodo caratterizzato da bassi tassi di crescita.
Particolarmente evidenti, poi, sono le differenze esistenti a livello territoriale (al Nord il tasso di occupazione tocca il 64,8% al Sud si ferma al 41,9% nel terzo trimestre del 2014) e le difficoltà dei più giovani a trovare un posto di lavoro: secondo un’indagine dell’Istituto per lo Sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), soltanto il 26% dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze riesce a transitare in un anno dai banchi di scuola ad una professione (nel 2008, erano il 49%). Il tasso di occupazione tra i 15-24 anni è così inevitabilmente basso, al 15,5% nel terzo trimestre del 2014.
Tanti sono però gli under 25 italiani ad aver sottoscritto un contratto di lavoro precario: il 52,5%, come osservato dall’OCSE nel suo Employment Outlook 2014. Una percentuale in lieve calo rispetto al 52,9% del 2012, ma decisamente superiore a quella registrata nel 2000 (26,2%).
Il numero degli occupati, sostengono alcuni, non cresce in virtù di una insufficiente flessibilità in entrata e in uscita. Eppure l’indice dell’Organizzazione per la cooperazione economica (OCSE) sulle restrizioni del mercato del lavoro assegna al nostro Paese 2.58 in una scala che va dallo 0 (nessuna restrizione) al 6 (massimo di restrizioni). Un voto più basso rispetto a quello di Francia (3) e Spagna (3.11).

(Articolo pubblicato su Tgcom24 il 31 dicembre 2014)

 

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