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Le imprese negli anni della crisi

Da quelle individuali alle high-growth, ecco la dinamica demografica delle imprese italiane
di Fabio Germani

impreseL’annuario statistico dell’Istat è un ottimo strumento per osservare e analizzare l’andamento dell’economia italiana negli anni della crisi, altrimenti descritti con toni talvolta catastrofici e talvolta fin troppo ottimistici. Un rapido esempio: tra le imprese rientrano anche quelle individuali o i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. Considerate le diverse tipologie di impresa il saldo (la differenza che deriva da natalità e mortalità dell’impresa) risulta spesso negativo in un dato anno a causa delle condizioni sfavorevoli della crisi, ma in compenso le imprese con dipendenti vanno decisamente meglio.
Le imprese nate nel 2011, informa dunque l’Istat, sono circa 265 mila, 389 in meno rispetto all’anno precedente. Il tasso di natalità si attestava al 6,7%, ed era il più basso registrato negli ultimi sei anni insieme a quello del 2010. Il tasso di mortalità era all’8%, quindi – inevitabilmente – con una dinamica demografica negativa nell’anno di riferimento. Una situazione preoccupante, certo, ma a dispetto della retorica corrente le imprese con dipendenti nate sempre nel 2011 erano poco meno di 133.500, ma con una dinamica demografica positiva: il tasso di natalità, infatti, si attestava al 9,1% (tuttavia inferiore di 0,4 punti rispetto al 2010), il tasso di mortalità all’ 8,4%.
Quello delle costruzioni è il settore con la dinamica demografica più negativa. Ne nascono diverse di imprese in questo segmento, ma all’alto tasso di natalità corrisponde anche il più alto tasso di mortalità. Il Sud e le Isole sono le aree in cui si rilevano i tassi di natalità e di mortalità più alti e anche il Centro, ad ogni modo, presenta valori più alti di quelli della media nazionale.
Nel confronto con i principali partner europei è la Francia a registrare la dinamica demografica più elevata, con un tasso di natalità pari all’11% e un tasso di mortalità del 6,5%. Positive anche le dinamiche demografiche del Regno Unito (11,6% natalità e 10% mortalità) e della Germania (8,7% e 8,3%). I paesi che al contrario hanno una dinamica demografica negativa sono, oltre all’Italia, la Spagna e soprattutto il Portogallo, con il tasso di mortalità in quest’ultimo caso al 24,1% (oltre il doppio quello di natalità).
Interessante è l’analisi dell’andamento delle imprese high-growth, ovvero quelle che presentano un elevato tasso di crescita. Si tratta di imprese con almeno 10 dipendenti a inizio periodo che presentano una crescita media annua in termini di dipendenti e/o di fatturato superiore al 20 per cento, su un periodo di tre anni consecutivi. Le cosiddette imprese gazzelle, dunque, sono imprese high-growth “giovani” (4 o 5 anni di attività) e di recente il Cerved che evidenziato come il 3,4% di quelle monitorate (3.472) ha visto dal 2007 al 2012 raddoppiare il fatturato.
Dice però l’Istat che la percentuale delle imprese high-growth e delle imprese gazelle sul complesso delle imprese è stato in calo, rispetto al 2010, di 0,1 punti percentuali per entrambe le tipologie. Nell’industria si registrano le percentuali più basse di imprese high-growth (1,6%) e di gazelle (0,2%), mentre negli altri servizi si ottengono quelle più elevate (5,1% e 0,8%). La buona notizia è che, nonostante un andamento negativo nel suo insieme, la percentuale più alta di imprese high-growth risieda nel Sud e nelle Isole (rispettivamente 3,3% e 3%), così come di imprese gazelle (stavolta rispettivamente 0,6 e 0,4%).
In definitiva i dati sono meno drammatici di quanto ci si possa aspettare, per quanto negativi. Delle imprese nate nel 2010, alla fine del 2011, infatti, l’83,1% erano ancora in attività, tuttavia in calo rispetto all’anno prima quando erano l’85,8%. Al valore più alto dell’industria (88,4%) si contrappongono i valori delle costruzioni (79,9%) e degli altri servizi (80,6%).

(articolo pubblicato su TgCom24 il 31 dicembre 2014)

 

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