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La Bce di Draghi fa muro contro la crisi

mario_draghiArriva il tanto atteso Quantitative Easing. Ad annunciarlo, come era nelle previsioni della vigilia, il presidente della Bce, Mario Draghi. Il piano prevede un programma di acquisto di titoli di Stato pari a 60 miliardi di euro al mese fino a settembre 2016 (per complessivi 1.080 miliardi) e in ogni caso, ha specificato Draghi in conferenza stampa a Francoforte, finché l’inflazione non avrà raggiunto livelli soddisfacenti (almeno poco sotto il 2%).
A spingere verso tale decisione, di cui peraltro si parlava ormai da diverse settimane, era stato lo spettro della deflazione così da scongiurare un prolungato livello dei prezzi in territorio negativo (causato, in particolare, dal crollo del prezzo del greggio). Ma c’è di più: la misura “non convenzionale” che la Bce adotta ha il fine di far ripartire l’economia, sulla scia dell’esempio statunitense della Fed. Rilanciare, detta altrimenti, l’industria e soprattutto, con il conseguente deprezzamento dell’euro, le imprese maggiormente orientate alle esportazioni.
Dunque a partire dal mese di marzo la Bce inizierà a comprare titoli, mentre è prevista la condivisione del rischio con le banche centrali dei paesi interessati per una quota pari al 20% del totale. Dunque la linea tedesca, con Berlino che confidava in una quota superiore (al 50%), è passata solo in parte. Inoltre la Bce potrà acquistare entro un tetto che non superi il 33% del debito di ciascun paese e per ogni emissione non potrà acquistare più del 25% dei titoli.

Le resistenze espresse nei giorni scorsi dagli scettici del Quantitative Easing riguardavano soprattutto la possibilità che una massiccia iniezione di liquidità possa allontanare, o ritardare per meglio dire, l’urgenza di quelle riforme strutturali che conducano le economie periferiche dell’Eurozona a livelli di competitività accettabili. Un discorso che potrebbe valere anche per Italia e Francia, che tanto hanno spronato Francoforte verso una soluzione di questo tipo nella convinzione che senza una politica monetaria espansiva l’Eurozona è destinata ad un prolungato periodo di stagnazione economica. Ma in questo senso Draghi è stato chiaro, sottolineando come le riforme strutturali debbano essere attuate “in modo credibile ed efficace” così da “incoraggiare le imprese ad aumentare gli investimenti da subito”.

Non sono mancate le premesse che, in qualche modo, hanno anticpato quanto annunciato giovedì 21 gennaio. Nei mesi precedenti, infatti, Francoforte aveva preparato il piatto attraverso politiche di riduzione dei tassi di interesse e deprezzamento dell’euro e ad acquistare obbligazioni bancarie garantite (covered bond), quasi ad anticipare una parte degli effetti attesi del QE. Inoltre, considerato lo scenario che si andava delineando, la scorsa settimana la Banca nazionale svizzera decideva di abbandonare la soglia minima di cambio con la moneta unica. Dopo il discorso di Draghi, l’euro è sceso ai minimi da 11 anni sul dollaro. La moneta europea passa di mano a 1,1456 dollari, dopo un minimo di 1,1440 dollari.

F. G.

 

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