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La spinta del QE e il quadro ancora “fragile”

consumi-Una spinta verso la crescita economica potrebbe giungere proprio dal programma di acquisto di titoli di Stato – quantitative easing – annunciato la scorsa settimana da Mario Draghi. È quanto prevede la Banca d’Italia che non ha escluso “nei prossimi mesi un aumento del Pil significativamente superiore alle stime”, che erano state dello 0,4% per l’anno in corso e dell’1,2% per il 2016.
In verità cifre nuove non sono state date: in questo senso a fornire una previsione è stato il Centro studi di Confindustria che indicato una crescita del Prodotto interno lordo, tra il 2015 e il 2016, rispettivamente del 2,1 e del 2,5% anche grazie al calo del prezzo del petrolio. Tuttavia anche la Banca d’Italia ripete il mantra che tale condizione non si verificherà se prima non si proseguirà nel percorso delle riforme strutturali e non si tornerà a investire.
Certo, avverte ancora Bankitalia, il quadro macroeconomico del paese resta fragile e la situazione, nel suo complesso, migliora a passi di lumaca.
Una conferma, in effetti, arriverebbe dallo studio dell’associazione Bruno Trentin della Cgil, Gli effetti della crisi sul lavoro in Italia. Niente di particolarmente nuovo, a dire il vero, ma sono pur sempre numeri che – in attesa degli imminenti dati Istat su occupati e disoccupati relativi al mese di dicembre e, guardando più in là, degli effetti che il Jobs Act avrà sul mercato del lavoro – destano sempre preoccupazione.
In Italia, nel terzo trimestre del 2014, denuncia la Cgil, risultano essere 9 milioni e 410 mila le persone che vivono “in grave difficoltà per la mancanza di lavoro o per la precarietà di una posizione lavorativa non scelta ma subita”. Vengono distinte due aree: la prima è quella della sofferenza occupazionale e comprende 5 milioni di persone tra disoccupati, scoraggiati e cassaintegrati; la seconda è quella invece del disagio (lavoro temporaneo involontario e part time involontario) che riguarda 4 milioni e 455 mila unità, con un aumento del 37,4% rispetto allo stesso periodo del 2007.
Che il quadro economico possa apparire “fragile” è inoltre certificato dal clima di fiducia dei consumatori che, nonostante i margini di ripresa previsti già alla fine del 2014, si mostrano ancora diffidenti. Soprattutto perché a preoccupare è proprio il lavoro, che per il 90% degli italiani rappresenterà un problema ancora nel 2015 secondo il Global Consumer Confidence di Nielsen.
In Italia – il periodo di riferimento dello studio è l’ultimo trimestre 2014 – si risparmia in particolare su abbigliamento (nel 67% dei casi) e ristoranti (nel 65%), ma meno alle vacanze annuali (25%).
In definitiva, nel confronto con gli altri paesi europei, l’indice di fiducia medio risulta essere di 45 punti. La media nel Vecchio continente è di 76 punti, con i picchi di Germania (98) e Regno Unito (94). Ma anche Spagna (57) e Francia (63) che pure necessitano di riforme strutturali e di miglioramenti in seno al mercato del lavoro presentano un clima di fiducia migliore del nostro.

(articolo pubblicato il 28 gennaio 2015 su Tgcom24)

 

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