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Distanti dalla Strategia Europa 2020

di Fabio Germani

lavoro_crisi_disoccupazioneLa Strategia Europa 2020 ha come obiettivo il raggiungimento della quota di popolazione occupata tra i 20 e i 64 anni pari al 75%. Spiega l’Istat nel rapporto Noi Italia 2015 che “l’indicatore è rivolto a valutare la capacità di utilizzo delle risorse umane disponibili e rappresenta, quindi, una misura della forza strutturale di un sistema economico”.
Dunque com’è la situazione nel nostro paese? Non ottimale, verrebbe da dire. L’Italia, infatti, presenta un divario rispetto all’obiettivo di 15,2 punti. I dati cui fa riferimento il rapporto dell’Istat sono relativi al 2013. E in quel periodo il valore dell’indicatore si attesta al 59,8%, che significa 1,2 punti percentuali in meno sul 2012. Inoltre presenta uno squilibrio di genere piuttosto ampio (69,8% per gli uomini e appena il 49,9% per le donne). La riduzione dell’indicatore osservata nel 2013, puntualizza però l’Istat, “è da ascriversi soprattutto alla componente maschile (-1,8 punti in confronto a -0,6 delle donne), cosicché il divario di genere passa da 21,1 punti del 2012 a 19,9 del 2013”.
Oltre a quelli di genere si registrano i divari anche a livello territoriale. La ripartizione del Nord-est (69,3%) supera di 9,5 punti, ad esempio, il valore medio nazionale. Più in generale il tasso di occupazione nel Centro-Nord si attesta al 67,3%, mentre nel Mezzogiorno è sceso dal 50,2% del 2004 all’attuale 45,6%.
Nel confronto con il resto d’Europa peggio di noi fanno Grecia, Croazia e Spagna, mentre soltanto cinque paesi hanno già raggiunto l’obiettivo: Svezia, Germania, Paesi Bassi, Danimarca e Austria. Insomma, all’appello ne mancherebbero ancora 18, Italia compresa. La media europea di persone tra i 20 e i 64 anni occupate si attesta al 68,4%, inferiore di 6,6 punti.
Nell’analisi del mercato del lavoro – oltre alla quota di giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet, che sono due milioni e mezzo – un peso particolare lo assume la disoccupazione di lunga durata, la cui incidenza ha degli effetti negativi sull’economia perché distanzia ulteriormente dal traguardo della Strategia Europa 2020, per dirla in altri termini per via della conseguente “dispersione” di capitale umano.
Viene considerata disoccupazione di lunga durata quella condizione che coinvolge una persona da almeno 12 mesi e in Italia, sempre nel 2013, l’incidenza è passata dal 52,5% del 2012 al 56,4%, ovvero il livello più alto registrato nell’ultimo decennio. Il consistente incremento dell’incidenza dei disoccupati di lunga durata interessa soprattutto gli uomini (dal 51 al 56,1%), al contrario la minore crescita nella componente femminile (dal 54,1 al 56,7%) provoca un sostanziale riequilibrio dell’indicatore tra i generi.
C’è da dire che il problema non coinvolge esclusivamente l’Italia, anzi. Nella media dell’Ue28 l’incidenza della disoccupazione di lunga durata raggiunge il 47,5%, segnalando un incremento di quasi tre punti percentuali rispetto al 2012. Il paese con la quota più elevata è la Slovacchia, dove circa sette disoccupati su dieci si trovano in questa condizione. Poi, prima dell’Italia che occupa la sesta posizione, si collocano Grecia, Croazia, Irlanda, Bulgaria. La portata di questo fenomeno è invece limitato nell’area dei paesi scandinavi e in Austria.

(articolo pubblicato il 20 febbraio 2015 su Tgcom24)

 

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