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Mercato del lavoro ancora in affanno

di Fabio Germani

lavoro_crisi_disoccupazioneLa situazione occupazionale italiana si è molto deteriorata negli anni della crisi e ora, nonostante gli accenni di ripresa già evidenziati, gli indicatori non sempre fotografano un andamento univoco della nostra economia.
I numeri non mentono. Tra il 2008 e il 2014, ha rilevato recentemente l’Istat, il Mezzogiorno in particolare ha perso 576.000 posti di lavoro, pari al 70% del calo complessivo mentre il Nord ne ha persi 284.000. Nel complesso il Sud ha perso l’8,9% dei suoi occupati (-3,5% la media italiana). In generale, dall’inizio della crisi, in Italia si sono persi oltre un milione di posti di lavoro.
Dunque il nostro mercato del lavoro è condizionato da un frequente sali-scendi, tenuto conto delle percentuali comunque alte che interessano il tasso di disoccupazione. Dopo la diminuzione rilevata a dicembre 2014, a cui è seguito l’ulteriore calo di gennaio, si registra a febbraio una lieve risalita della disoccupazione, ora al 12,7%.
Nello specifico il numero di occupati diminuisce di 44 mila unità rispetto al mese precedente, ma aumenta di 93 mila unità rispetto a febbraio 2014. Il tasso di occupazione si attesta così al 55,7%, in calo di 0,1 punti sul mese e in crescita di 0,2 punti sull’anno. I disoccupati, invece, aumentano su base mensile dello 0,7% (+23 mila).
Questo avviene nonostante un periodo di fiducia, tanto delle imprese quanto dei consumatori, in netto miglioramento rispetto al passato. In particolare le attese per l’occupazione migliorano tra le imprese di costruzione (quello delle costruzioni è tra i settori di attività economica più colpiti) e tra quelle dei servizi di mercato. Ma anche tra i consumatori, appunto, appare in aumento la quota di coloro che si attendono una discesa – lieve, tuttavia – della disoccupazione (al 36,6% dal 32,6% secondo le rilevazioni di marzo).
L’andamento altalenante, insomma, ha poco a che fare per il momento con il Jobs Act. A precisarlo, anzi, è l’Istat: le 79 mila attivazioni di nuovi contratti annunciate dal governo “sono dati di diversa natura e non necessariamente significano nuovi occupati. Possono anche essere transizioni dal tempo determinato e altri tipi di contratti”. Tra i primi effetti del Jobs Act, infatti, non si possono escludere le stabilizzazioni di collaborazioni a progetto, contratti a termine e partite Iva che di per sé non producono nuova occupazione.
Se si osserva il trend nel periodo dicembre-febbraio, infine, rispetto ai tre mesi precedenti l’occupazione è rimasta sostanzialmente stabile, mentre il tasso di disoccupazione è diminuito di 0,4 punti, in larga misura per la risalita del tasso di inattività. Gli inattivi, infatti, sono le persone che non fanno parte delle forze di lavoro, ovvero quelle non classificate come occupate o in cerca di occupazione: il tasso di disoccupazione considera il numero di persone che cercano lavoro sul totale della popolazione attiva, senza però trovarlo.

(articolo pubblicato il 31 marzo 2015 su Tgcom24)

 

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