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La ricchezza delle famiglie italiane

di Fabio Germani

crisi_personeLa crisi da un lato e le politiche economiche scarsamente lungimiranti dall’altro hanno eroso la ricchezza delle famiglie italiane. Che ora sono più povere e più insicure, al punto da rinunciare con maggiore frequenza ai beni tradizionali (ritenuti poco affidabili o redditizi) per affidarsi nella gestione del patrimonio ai privati.
Osservando lo studio che Tecnè ha di recente presentato nel corso di Tgcom24, si osserva come il crollo del valore degli immobili (abitazioni, fabbricati non residenziali, terreni), soprattutto, abbia provocato una tale dispersione: una perdita della ricchezza allocata su immobili e terreni pari a circa 600 miliardi di euro.
In discesa, poi, i titoli pubblici e le obbligazioni dal valore di 814 miliardi di euro del 2009 ai 618 miliardi del 2013 (in ulteriore calo se si considera la stima del 2014). In pratica quelli che un tempo venivano considerati “beni rifugio” sono ora i meno presenti nel portafoglio. In compenso, infatti, sono cresciuti i fondi comuni d’investimento, i fondi pensione e assicurativi, le azioni e partecipazioni in società di capitali.
Data l’incertezza, scaturita certamente dalla crisi economica, risultano in crescita i depositi bancari (tuttavia in calo secondo le stime relative al 2014 rispetto al valore di 1.056 miliardi di euro del 2013) e aumentano i contanti, ovvero i soldi che gli italiani piazzano “sotto il materasso” per far fronte a spese improvvise o esigenze particolari.
In soldoni, la ricchezza netta pro capite (escluse le esposizioni finanziarie) risulta in diminuzione fino a 143.893 euro del 2013, e anche oltre se si considera il 2014, dai 160.388 euro del periodo pre-crisi (2007). La ricchezza delle famiglie italiane – il valore complessivo di tutti gli asset – segue un trend analogo, scendendo così a 9.635 miliardi di euro nel 2013. Il reddito disponibile lordo pro capite ha registrato una flessione con una discesa dal valore di 20.563 del 2007 a 18.214 euro del 2013.
Che negli anni della crisi gli italiani abbiano speso di meno, complici le difficoltà ad accedere al credito, è dimostrato inoltre dal calo dei passivi finanziari delle famiglie (prestiti, mutui e altri debiti), dalla soglia di 925 miliardi del 2011 a quella del 2013, pari a 888 miliardi. Tuttavia, nelle stime per il 2014, si osserva un lieve incremento, anche perché le banche hanno cominciato ad alleggerire la stretta creditizia.
In definitiva, fatto 100 il valore del portafoglio degli italiani, si scopre che nel 2014 il 56,8% comprende abitazioni, fabbricati non residenziali, terreni (era il 60,6% nel 2011); il 3,2% riguarda oggetti di valore e altri beni attivi (3% nel 2011); l’1,3% biglietti e monete (1,2% nel 2011); il 10,9% i depositi bancari (era il 10,1% nel 2011 e il 9,3% nel 2008); il 5,5% comprende titoli pubblici e obbligazioni (in diminuzione dal 7,4% del 2011); l’11,2% fondi comuni di investimento, pensioni e assicurativi (in crescita, non indifferente, dall’8,5% del 2008); il 7,9% azioni e partecipazioni in società di capitali (superando il livello del 2008, quando era al 7,5% e di gran lunga superiore al 5% del 2011); il 3,2% è occupato da altri strumenti finanziari (lieve decremento rispetto al 3,3% del 2011).

(articolo pubblicato l’8 aprile 2015 su Tgcom24)

 

1 Commento per “La ricchezza delle famiglie italiane”

  1. […] Parlare di ripresa economica è, forse, ancora troppo presto: i dati sono spesso discordanti, ma soprattutto altalenanti (si pensi al calo, quasi inaspettato, della produzione industriale a gennaio e al recupero successivo di febbraio). Eppure non mancano i segnali incoraggianti, piccoli o grandi aspetti che fanno confidare in un’inversione di tendenza, almeno. La risalita dei consumi, ad esempio. Di certo le famiglie non sono tornate a spendere come nel periodo pre-crisi, ma un’accresciuta fiducia rende l’operazione più semplice. Oppure, dettaglio tutt’altro che trascurabile, i passi in avanti del mercato immobiliare. Anche qui, intendiamoci: nel prossimo futuro sarà molto difficile, se non impossibile, eguagliare i livelli pre-crisi. Lo ha sostenuto di recente la Banca d’Italia, sottolineando il cambiamento dell’economia per cui condizioni favorevoli anni fa non lo sono più oggi. In particolare “il forte ridimensionamento del mercato immobiliare, i conseguenti elevati livelli di invenduto, un contesto demografico meno favorevole del passato, i problemi di accesso al credito di giovani e stranieri”. Nonostante tutto, qualche miglioramento si è già mostrato. Il prezzo delle abitazioni, nuove o esistenti, sta continuando a scendere al punto da convincere le famiglie a spendere o a fare investimenti. Gli stessi che, al contrario, hanno registrato un crollo evidente negli anni della crisi. Gli ultimi dati Istat in materia dipingono il quadro seguente: nel quarto trimestre del 2014 i prezzi delle abitazioni sono scesi dello 0,8% sul precedente e del 2,9% rispetto allo stesso periodo del 2013, confermando il trend avviato nel 2012. Nell’ultimo trimestre del 2014 si è verificato un aumento del 25% della richiesta di mutui (dati Banca d’Italia), con le famiglie italiane che hanno così ottenuto finanziamenti per l’acquisto della casa per 7.077,1 milioni di euro. Era dal 2012 che ciò non avveniva, per quanto i volumi siano ancora ridotti e distanti dai valori pre-crisi. Anche grazie alle misure che sta adottando la Banca centrale europea, alle attuali politiche monetarie e agli stimoli per rilanciare l’economia, per il 2015 si prevede un andamento in lieve crescita. Tuttavia il crollo del valore degli immobili (abitazioni, fabbricati non residenziali, terreni) rappresenta l’altra faccia della medaglia: una perdita della ricchezza allocata su immobili e terreni pari a circa 600 miliardi di euro, come osservato da Tecnè in un recente studio. […]

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