Il costo dell’elettricità per le imprese italiane
Le imprese italiane pagano l’energia elettrica più cara dell’Unione europea. Le imposte e le accise incidono in maniera determinante, facendone lievitare il costo. Costi energetici che, risultando di gran lunga più elevati rispetto a quelli di altri Paesi, incidono negativamente sulla competitività delle imprese italiane in misura addirittura maggiore rispetto ad altri fattori.
Dunque, complice il peso delle imposte, in Italia le imprese pagano l’energia elettrica più cara dell’Ue. A sostenerlo è uno studio del Centro studi ImpresaLavoro, condotto elaborando i dati Eurostat – l’ufficio statistico dell’Unione europea – relativi al secondo trimestre del 2014 e considerando il prezzo praticato a una media industria italiana, con un fabbisogno energetico annuo compreso tra i 500 e i 200 megawattora (mWh).
Escludendo le tasse, che insieme al costo netto dell’energia compongono il prezzo finale sostenuto dalle imprese, la bolletta energetica italiana è la quarta più cara dell’Unione europea. Peggio di noi fanno soltanto Regno Unito, Irlanda e Spagna. Tuttavia, una volta incluse le imposte, il discorso prende una piega diversa: sborsando 0,1735 centesimi di euro per chilowattora (kWh), in Italia le imprese pagano l’energia più costosa nell’Ue.
Nel nostro Paese, infatti, le imposte incidono fino al 48% se si considerano anche quelle sul valore aggiunto e il 25% se, invece, non si tiene conto dell’Iva e delle altre imposte che possono essere recuperate dalle imprese.
Il confronto con i nostri principali partner europei è impietoso, sostiene l’analisi. In Italia, infatti, il costo per l’elettricità (tasse incluse) è nettamente superiore a quello applicato alle imprese operanti in Germania (+14%), Regno Unito (+30%), Spagna (+49%) e Francia (+91%).
Tuttavia, anche se spostiamo lo sguardo altrove, le cose non vanno molto diversamente. In Italia, l’elettricità costa di più che in Austria (+46%), Croazia (+89%) e Slovenia (+105%). Paesi che, osserva il Centro studi di ImpresaLavoro, da tempo attraggono imprese e capitali italiani grazie ad una tassazione e ad un costo del lavoro inferiori rispetto ai nostri.
C’è di che preoccuparsi. Perché, stando ad uno studio pubblicato recentemente dalla Banca d’Italia, costi energetici più elevati rispetto a quelli applicati dai Paesi concorrenti incidono (negativamente) sulla competitività delle imprese italiane in misura maggiore rispetto ad altri fattori. Come il costo del lavoro, ad esempio. Secondo l’analisi elaborata da via Nazionale, le imprese, che hanno sostenuto costi più consistenti per l’acquisto di energia, hanno fatto registrare una minor crescita del fatturato e dimostrato una minore propensione all’export.
(articolo pubblicato il 9 giugno su Tgcom24)