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In crescita il numero delle Pmi eccellenti

Visione strategica, capacità di innovazione e l’abilità di anticipare la direzione in cui si muoverà il mercato sono le caratteristiche principali delle imprese “eccellenti”
di Mirko Spadoni

pmi_crisi economicaIl numero delle imprese “eccellenti” – ovvero aziende con performance di crescita, di redditività e di solidità patrimoniale da 2 a 10 volte superiori rispetto alla media – è aumentato nel corso dell’ultimo anno.
Secondo il rapporto annuale dell’Osservatorio Pmi di Global Strategy, una società di consulenza strategica e finanziaria che ha passato in rassegna oltre 40 mila aziende italiane manifatturiere e di servizi, le imprese “eccellenti” sono state 483: 156 in più rispetto all’anno precedente, con un aumento pari al 47,7%.
Una buona notizia che testimonia la vitalità di alcune imprese italiane, che – a differenza di altre (un quinto delle pmi attive nel 2007 è stato spazzato via dalla crisi economica, secondo il Cerved) – hanno saputo resistere alle difficoltà degli ultimi anni. La conferma arriva dai dati contenuti nell’ultimo report di Global Strategy: le imprese “eccellenti”, infatti, hanno registrato un incremento medio del Valore di Produzione del 170% negli ultimi cinque anni, uno sviluppo più che proporzionale di redditività (Ebitda +212%, ROI +168%) e di patrimonializzazione, con aspettative di crescita ulteriore nel prossimo triennio.
La maggior parte di queste aziende ha iniziato la propria attività oltre 25 anni fa (circa il 30% ha alle spalle un periodo di attività compreso tra i 25 e i 35 anni, il 20% dai 36 ai 50 anni e il 7,5% da oltre 50) ed è di proprietà familiare (92,5%), dove l’importanza del fattore umano ha avuto un ruolo centrale nell’affrontare le sfide della competitività nazionale e internazionale. Interessante, inoltre, è la scelta di molte imprese “eccellenti” di operare in settori “maturi, indifferenziati, globali” e di non limitarsi, dunque, a nicchie di mercato specialistiche e al mercato italiano.
Le aziende “eccellenti” hanno dimostrato una propensione all’internazionalizzazione notevole, del resto: per le imprese con un fatturato superiore ai 50 milioni di euro, infatti, la quota di export è stata pari al 44,8%; per quelle più piccole (20-50 milioni) la quota ha toccato il 40,8% (+10%) e dovrebbe – secondo le aspettative dei diretti interessati – superare il 50% nei prossimi tre anni.
D’altronde operare su mercati diversi da quello italiano rappresenta un’opportunità unica (specie in tempi difficili come quelli attuali caratterizzati da una domanda interna ancora molto debole) ed offre enormi vantaggi: secondo l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice), ad esempio, le aziende esportatrici – sia di grandi che piccole dimensioni – sono caratterizzate da indicatori strutturali, come la produttività del lavoro (valore aggiunto per addetto) e l’intensità di lavoro qualificato (costo del lavoro per addetto), migliori di quelle che operano soltanto sui mercati interni.
Un’ultima, importante considerazione: una volta deciso l’ingresso su un mercato estero, sottolinea l’Osservatorio Pmi di Global Strategy, le aziende eccellenti italiane si sono servite dei distributori locali solo nel 29,5% dei casi; il 44,5% ha preferito una presenza diretta e strutturata sul territorio, attraverso l’apertura di filiali commerciali, siti produttivi o partecipazioni in imprese straniere.

(articolo pubblicato il 17 giugno su Tgcom24)

 

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