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Quanto costa la “guerra” al terrore

di Mirko Spadoni

1280px-thumbnailAbu Bakr al Baghdadi, leader del gruppo terrorista Stato islamico, evita le apparizioni pubbliche. L’ultima ed unica risale al 29 giugno 2014. I suoi seguaci invece combattono in Siria e in Iraq, si dedicano ad attività criminali (estorsioni, rapine…), decapitano gli ostaggi e minacciano di fare altrettanto nei Paesi occidentali. Soltanto qualche giorno fa, ad esempio, il Search for International Terrorist Entities ha scovato su internet un e-book contenente un messaggio esplicito. Nel testo, la cui paternità è ancora da accertare, si invitano “i musulmani in Occidente” a formare “gang islamiche capaci in ultima istanza di conquistare Roma”, città che già in passato aveva trovato spazio sulla rivista in lingua inglese, pubblicata e diffusa dallo Stato islamico, Dabiq, che prende il nome da una città della Siria settentrionale considerata da alcuni il luogo dove cristiani e musulmani si affronteranno nella battaglia decisiva.
La propaganda dello Stato islamico non deve essere presa alla leggera: dall’ottobre scorso, ovvero da quando il gruppo ha esortato gli aspiranti jihadisti a colpire obiettivi nei loro rispettivi Paesi in nome dell’Is, si sono verificati molti attentati lontano dalla Siria e dall’Iraq. Come in Egitto, ad esempio. Sabato 11 luglio, al Cairo, è esplosa un’autobomba parcheggiata davanti al Consolato italiano. Nessun connazionale è rimasto coinvolto, ma la deflagrazione ha causato la morte di una persona e il ferimento di altre nove. Dunque il gruppo di al Baghdadi (o le altre formazioni del jihad globale) rappresentano una “minaccia” per il nostro Paese, come ha ribadito l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise) nella sua relazione annuale al Parlamento. Al punto tale da indurre il ministero dell’Interno ad alzare il livello di guardia. Un decreto legge, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 2 luglio, ha prorogato fino al 31 dicembre 2015 l’impiego di 4.500 militari nelle città italiane “per esigenze di sicurezza e di prevenzione e contrasto del terrorismo”. La proroga richiederà una spesa complessiva di 42,4 milioni di euro. La prevenzione ha un costo, del resto. Prendiamo in considerazione il caso degli Stati Uniti. Secondo un dossier del Congressional Research Service (The Cost of Iraq, Afghanistan, and Other Global War on Terror Operations Since 9/11), a partire dagli attacchi alle Torri Gemelle, Washington ha speso 1.600 miliardi di dollari. D’altronde sono state tante le operazioni che hanno visto il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti: l’Operation Enduring Freedom in Afghanistan, l’Operation Iraqi Fredoom in Iraq e l’Operation Noble Eagle. Eppure gli sforzi non sembrano aver sortito l’effetto sperato: eliminare la minaccia jihadista. Anzi. Secondo un rapporto della Rand Corporation (A Persistent Threat – The Evolution of al Qa’ida and Other Salafi Jihadists), il numero dei gruppi jihadisti simili ad al Qaeda è cresciuto nel corso degli ultimi anni, passando dai 28 del 2007 ai 49 del 2013. L’eccessiva fragilità di alcuni Stati (Yemen e Nigeria, ad esempio) e l’instabilità politica di altri (Siria, Iraq e Libia) hanno contribuito alla proliferazione dei gruppi terroristi, specialmente di ispirazione salafita, che si sono dimostrati sempre più aggressivi. I dati raccolti dal Dipartimento di Stato americano nel Country Reports on Terrorism 2014 rendono perfettamente l’idea. Da gennaio a dicembre 2014, ci sono stati 13.463 attentati (nel 2013, furono di meno: 9.964) che hanno causato la morte di 32.727 persone contro le 18.066 vittime dell’anno precedente. Il rapporto tiene conto anche di chi è stato rapito, il cui numero è cresciuto notevolmente nell’arco di un anno: nel 2014 le persone prese in ostaggio sono state 9.428 contro le 3.137 del 2013. La maggior parte degli attacchi (il 60%) sono avvenuti laddove i terroristi hanno maggiore libertà di movimento e sono più numerosi (Iraq, Pakistan, Afghanistan, India e la Nigeria). Paesi che, tuttavia, non sono stati gli unici obiettivi dei gruppi terroristi: complessivamente gli Stati che hanno subìto almeno un attentato nel 2014 sono stati – inclusi quelli già citati – 95.

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