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“Il luogo di maggiore allargamento dei divari”

disoccupazione_giovanile_lavoroL’allarme lanciato dall’Associazione per lo sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno, Svimez (al Sud Pil in calo da sette anni, cresce meno di Atene), trova nella crisi occupazionale uno dei maggiori punti di debolezza per le regioni meridionali. Al punto che il mercato del lavoro viene definito “il luogo di maggiore allargamento dei divari”.
Le aree del paese, insomma, mostrano differenze strutturali notevoli se si osserva soprattutto l’andamento del mercato del lavoro. Spiega lo Svimez che negli anni della crisi, tra il 2008 ed il 2014, il Mezzogiorno ha evidenziato un crollo dell’occupazione del 9%, di oltre sei volte superiore a quello del Centro-Nord (-1,4%). Delle circa 811 mila unità perse in Italia, dunque, risultano essere 576 mila quelle al Sud. Per dirla diversamente è lì che si è concentrato oltre il 70% delle perdite occupazionali complessive.
La crisi occupazionale, poi, si è manifestata anche nei settori delle amministrazioni pubbliche, dell’istruzione e della sanità. Nel periodo 2008-2014, infatti, il Mezzogiorno ha perso 147 mila unità (-9%), mentre al Centro-Nord gli occupati in questi settori sono aumentati di 82 mila unità (+2,7%). Ad ogni modo il punto più basso è stato toccato proprio l’anno scorso, quando il numero di occupati è stato di 5,8 milioni, cioè ai minimi dal 1977 (anno di riferimento per l’avvio delle serie storiche Istat).
Sono i giovani a pagare di più gli effetti della crisi, ma anche le persone delle classi di età centrali non dormono sonni tranquilli. Nel primo caso la flessione degli occupati tra il 2008 e il 2014 è stata del 31,9% (-26% al Centro-Nord), nel secondo dell’8,5% (-2,1% nelle altre aree del paese). Di contro aumentano in misura nettamente più contenuta gli occupati con 50 anni ed oltre (+17,5%, a fronte del +31,3%). Se gli occupati italiani calano (-11,3% a fronte del -4,7% nel Centro-Nord), l’occupazione straniera registra i maggiori incrementi al Sud (+67% a fronte del +31,7% del Centro-Nord).
Ad ogni modo un trend così negativo non può non avere ripercussioni sul dato nazionale. Il tasso di occupazione 20-64 anni è rimasto sotto il 60% (al 59,9%) nel 2014. Secondo la strategia Europa 2020 il tasso di occupazione in quella fascia di età dovrebbe raggiungere il 75% (68% nel target ridefinito dal “Programma di Riforma Nazionale” italiano). Insomma, aumenta il divario tanto con l’Ue28 (dove il tasso di occupazione è salito al 69,2%) quanto con l’Eurozona, dove il tasso è cresciuto di mezzo punto percentuale (68,2%).

(articolo pubblicato il 30 luglio 2015 su Tgcom24)

 

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