110 i giornalisti morti nel 2015
Secondo quanto emerso dal Rapporto dell’Organizzazione Reporters senza frontiere, i giornalisti morti nel 2015 sono 110, molti di essi non hanno perso la vita in zone di guerra, come successe nel 2014 dove ben due terzi dei decessi di registrarono in zone in cui erano in corso conflitti. Dei 110 giornalisti uccisi, 67 hanno perso la vita mentre svolgevano il loro lavoro mentre 43 giornalisti sono morti in circostanze non del tutto chiare. In più si contano anche 27 vittime di giornalisti non professionisti, i cosiddetti “citizen journalist”, e la perdita di sette tecnici tra cameraman, fonici e altri tipi di tecnici. Cresce la responsabilità dei “gruppi non statali”, a partire dall’Isis, nelle atrocità commesse a scapito dei giornalisti.
I Paesi più a rischio, secondo il Rapporto, sono ad oggi l’Iraq (con 11 morti nel 2015), la Siria (con 10 morti) e lo Yemen (anche in questo caso con 10 vittime) dove è in corso una guerra civile tra sunniti sostenuti da Riad e ribelli sciiti Houthi sostenuti dall’Iran.
Nel 2015 si contano poi i morti dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi, dove vennero uccisi ben otto giornalisti. Tra i Paesi più pericolosi compare poi il Messico dove i giornalisti a perdere la vita sono stati otto.
Dato importante anche quello di reporter rapiti e tenuti in ostaggio: sono stati 54 nel 2015 mentre sono si sono registrati oltre 150 giornalisti arrestati solo per aver svolto il loro lavoro. Tra i rapiti 26 sono tenuti in ostaggio in Siria, 13 nello Yemen, dieci in Iraq e cinque in Libia. Tra i reporter in prigione la maggioranza sono in Cina, con attualmente 23 giornalisti detenuti.