Rallenta l’industria nell’Eurozona, ma non in Germania
Nelle ultime settimane è stato osservato un lieve rallentamento nell’Eurozona dell’attività economica, coinvolgendo soprattutto il comparto dell’industria, con un’eccezione: la Germania, che anzi ha registrato un balzo (inaspettato) della produzione industriale.
Secondo i dati elaborati da Markit, infatti, a febbraio l’indice Pmi manifatturiero dell’Eurozona è sceso a 51,2 punti, dai 52,3 di gennaio, pur restando al di sopra della soglia base (50) che marca il confine tra espansione e contrazione dell’attività.
Inoltre – mentre l’agenzia di rating Fitch taglia le stime di crescita per l’Eurozona – i prezzi della produzione industriale (tanto nell’area della moneta unica quanto nell’Ue28) sono risultati a gennaio in calo dell’1% quando a dicembre erano scesi dello 0,8%. Su base annuale la flessione è stata ancora più evidente, con i prezzi in calo del 2,9%. Le contrazioni maggiori hanno interessato Olanda (-3,1%), Grecia (-2,9%), Belgio (-2,7%), Spagna (-2,5%) e Ungheria (-2,2%).
Anche in Italia l’Istat ha rilevato una diminuzione dei prezzi alla produzione a gennaio dello 0,7% rispetto allo scorso mese, del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2015. A incidere sul trend dei prezzi alla produzione, anche le dinamiche relative al settore energetico a causa del crollo del prezzo del petrolio.
In Germania, nonostante il trend al ribasso complessivo, le cose sembrano andare diversamente. L’incremento della produzione industriale, infatti, è stato del 3,3% a gennaio sul mese precedente e del 2,2% su base annua (il maggiore rialzo dal settembre del 2009). Insomma, dopo un 2015 chiuso non nel migliore dei modi, l’inizio 2016 sembra invertire la rotta.
Tuttavia, per la prima economia d’Europa, gli ordinativi nello stesso periodo sono diminuiti dello 0,1%, soprattutto a causa di un rallentamento interno. Le preoccupazioni, non a caso, riguardano l’andamento dell’export, in particolare verso la Cina.
Alla luce degli ultimi dati, e a maggior ragione perché l’inflazione deve tornare a crescere su valori prossimi al 2%, c’è attesa per la riunione della Banca centrale europea in programma il 10 marzo. Il quantitative easing, finora, non è bastato a contenere i rischi deflativi. I mercati attendono ulteriori misure di politica monetaria.