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Deboli o competitive? Così le Pmi italiane

pmi_crisi economicaQuella derivata dal recente rapporto dell’agenzia di rating Moody’s sulle piccole e medie imprese europee è stata un’autentica doccia gelata per l’Italia, smentendo di fatto il mito delle Pmi del nostro paese, “volano per la ripresa”. Pur rappresentando il motore dell’economia, le nostre Pmi sono anche le più deboli del Vecchio continente, almeno tra i casi presi in esame.
Per Moody’s, infatti, le piccole e medie imprese italiane presentano dei ritardi che ne impediscono la crescita. Alcuni di essi si sono aggravanti negli anni della crisi (ad esempio il difficile accesso al credito e l’accumulo di sofferenze), quanto basta per declassarle rispetto alle altre realtà europee.
Il peso delle imprese di piccole dimensioni sull’economia è tra i più alti (67,3% contro il 67% del Portogallo, il 62,8% della Spagna, il 62,3% del Belgio, il 57,9% della Francia e il 54% del Regno Unito), eppure il tasso di fallimenti dal 2008 ad oggi è stato il più alto.
Dunque, quello delle Pmi, è un mito da sfatare? Ovviamente non del tutto. È vero, però, che l’Italia è stato tra i paesi europei che maggiormente ha sofferto gli effetti della crisi economica, dove il peso della burocrazia e dei ritardi dei pagamenti sono, ancora oggi, tra le prime preoccupazioni degli imprenditori. Eppure il sistema economico italiano non può fare a meno delle imprese di piccole dimensioni.
In questo senso dobbiamo considerare anche le microimprese, che secondo l’Istat rappresentano la quasi totalità del tessuto imprenditoriale e generano due terzi dei posti di lavoro nel settore privato. Una prima conferma era giunta da dati Eurostat che collocano l’Italia ai vertici per numero di microimprese e posti di lavoro generati da quest’ultime (anche se i dati si riferiscono al 2012). Nello specifico: l’Italia è al sesto posto per proporzione di imprese (94,9%) e seconda per proporzione di occupati (prima è la Grecia).
Restando su dati più recenti, l’Osservatorio Mercato del Lavoro CNA (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa) ha osservato a marzo, un incremento dei posti di lavoro sul mese precedente dello 0,4%, mentre su base annua l’aumento è del 2,5%. Il risultato è dovuto dal calo delle cessazioni (-15,7%), che ha superato la diminuzione delle assunzioni (-13,8%).
In più buone notizie sono attese nel 2016 per le Pmi del Mezzogiorno. Secondo un rapporto condotto da Confindustria e dal Cerved, le piccole e medie imprese meridionali dovrebbero veder crescere sia il fatturato (+2,8%) che il valore aggiunto (+4,1%), pur registrando ritmi di crescita inferiori alla media nazionale.

 

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